Emilia Romagna
11/06/2021

A chi interessa la carenza di medici e dirigenti sanitari? Quotidiano Sanità

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11 GIU - Gentile Direttore,
da Segretaria Regionale Anaao Assomed dell’Emilia Romagna, regione che ha effettivamente ripreso ad assumere personale negli ultimi due anni, mi trovo a osservare e vivere in prima persona una drammatica condizione di carenza di personale. Questo perché l’anno di riferimento non può essere il 2009 visto che la carenza organica era già presente e le attività sono nel frattempo di molto aumentate anche e non solo nella loro complessità.
 
Mai come in questi ultimi due anni, con una significativa accelerazione nel 2021, ci siamo trovati, almeno per alcune specialistiche, in condizioni tali da dover ipotizzare, come unica forma di sopravvivenza e garanzia di erogazione sicura, la soppressione di servizi e attività.
 
Naturalmente ciò di cui parlo appare molto lontano dal pensiero dei decisori ultimi, che intendono proseguire indefessi sul loro cammino, ignorando la drammatica condizione in essere, che si ripercuote sulla salute dei cittadini e sulla nostra condizione di lavoro. Immaginano riorganizzazioni nelle quali molto viene demandato alla reperibilità anche in orari inconsueti e se possibile non riconosciuta, né remunerata.

 
Alcuni punti salienti:
- come tutti sanno ormai allo sfinimento, l’emergenza pandemica prima e vaccinale ora, ha portato ad accumulare numeri inimmaginabili di prestazioni sanitarie, la maggior parte delle quali non rinunciabili e non più differibili. Montagne di ore lavoro che alcuni Direttori Generali si dicono pubblicamente pronti ad assolvere in questi mesi pur volendo garantire, bontà loro, il diritto alle ferie, “almeno delle due settimane previste per legge”. Ricordiamo che in realtà sono 15 giorni lavorativi, ma questa è accademia. Con che personale immaginano di poter assolvere al compito, visto che gli attualmente presenti riescono a malapena e non ovunque a garantire la gestione delle urgenze che si presentano giorno per giorno?
 
- La situazione di cui sopra sta determinando un progressivo aggravamento delle condizioni cliniche di molti pazienti. Il rinvio continuo per mancanza di uomini (personale sanitario) e mezzi (posti letto) determina il trasformarsi progressivo delle patologie da gestibili in elezione a vere e proprie urgenze se non emergenze. La prima e più grave conseguenza riguarda ovviamente la salute e la vita delle persone che sono messe a repentaglio, ma la seconda e per noi non trascurabile ricaduta è l’inasprimento dei rapporti tra i sanitari ed i pazienti o familiari di pazienti, con continui ricorsi a roboanti e fuorvianti titoli di cronaca quando non ad avvisi di garanzia. E se i Sindaci hanno avuto una giusta eco in quanto chiamati a rispondere di ciò che non possono governare direttamente, noi facciamo altrettanto. Questa organizzazione che in realtà è una disorganizzazione non ci piace, non la sottoscriviamo, ma la subiamo. E diciamo: è pericolosa.
 
- Il ricorso a personale inesperto per supplire alla carenza di specialisti e alla indisponibilità di specializzandi, rappresenta la punta dell’iceberg del problema. Giovani (professionalmente) colleghi mandati a gestire situazioni per le quali non hanno una formazione adeguata determinano una significativa ricaduta sulla attività degli specialisti ai quali per forza di cose si devono appoggiare, aumentando il numero di interventi a loro richiesti in PS (ad esempio) o demandando a loro una risposta che un medico specialista sarebbe in grado di fornire con un solo passaggio (allungamento dei tempi di risposta in una regione che non vuole rinunciare all’impegno preso di garantire tempi di attesa difficilmente realizzabili nelle condizioni attuali). I colleghi professionalmente giovani, se non inseriti in strutture ospedaliere di secondo livello, si trovano a dover prendere in autonomia decisioni per le quali spesso non sono preparati e si espongono a rischi di errore che potrebbero minare la salute dei cittadini e segnarli professionalmente per il resto della loro vita.
 
- Il ricorso a personale preparato, ma anziano, stanco, quando non ammalato e numericamente inadeguato (cosa che avviene in molte più realtà di quanto non si immagini) non fa che replicare e amplificare quanto fino a qui esposto. Il dramma è che tutto questo avviene nell’indifferenza generale, con decisori che spesso decidono solo di rinviare ogni decisione, “allungando il brodo” fino a renderlo privo di nutrienti e quindi inutile.
 
Consapevoli del fatto che non esistono risposte semplici a quesiti complessi, molte Aziende si stanno organizzando in modo squisitamente vessatorio nei confronti dei loro professionisti e alcuni esempi sono a dir poco illuminanti:
- medici e dirigenti sanitari ai quali vengono negati diritti riconosciuti come il part-time o concessi con contagocce e non per periodi di tempo che possano determinare una adeguata organizzazione della vita familiare. Non voglio entrare nel merito di certe affermazioni verbali e scritte in relazione all’utilizzo dei benefici concessi ai fruitori della legge 104/92;
 
- medici e dirigenti sanitari che devono andare in pensione o che si licenziano per andare a lavorare altrove in cerca di migliori condizioni ai quali dopo che per anni si è negato il diritto di fruire delle ferie e recuperare le ore in surplus e che oggi si vedono rifiutare ad esempio il risarcimento economico accampando le scuse le peggiori, nascondendosi dietro i timori di interventi della Corte dei Conti. Ma non eravamo eroi ai quali si sono consapevolmente chiesti sacrifici anche in termini di vita e salute? Questa è la ricompensa?
 
- medici e dirigenti sanitari che saranno valutati e quindi remunerati in base ad obiettivi raggiunti o meno, ma che si trovano a giugno inoltrato a non sapere ancora cosa viene chiesto loro per questo anno di attività, ma che se non faranno quanto non chiesto, non saranno retribuiti;
 
- medici e dirigenti sanitari che devono lavorare con attività aumentate in numero dimezzato e senza nessun riconoscimento economico e nessuna volontà da parte di chi lo dovrebbe chiedere di muoversi in questa direzione;
 
- Aziende che in questo sfacelo si possono permettere il lusso di “pre-pensionare” professionisti, utilizzando il cumulo per altro non richiesto, per calcolare gli anni di anzianità;
 
- Aziende che non solo non pensano di smantellare punti di intervento in zone svantaggiate, pericolosi se scambiati per veri e propri PS, ma che li fanno presidiare a personale non adeguatamente qualificato o da personale infemieristico che viaggia su auto infermieristiche camuffate da auto mediche. Tanto tutti hanno la stessa divisa e per i poveri mal capitati è impossibile rendersi conto nell’immediato di quanto stia capitando;
 
- periodici innamoramenti, di matrice puramente politica, per la riapertura di punti nascita in zone disagiate, con l’idea di modificare addirittura i parametri di sicurezza, per poterne sostenere la legittimità. Si sappia chiaramente che noi non avalleremo mai tali scelte.
 
Cosa fare nell’immediato visto che pare non si trovino più nemmeno i neo abilitati e che i pochi rimasti siano tutti impegnati nelle USCA e nelle vaccinazioni?
 
Quello che si fa in caso di assedio. Ritirarsi, abbandonare la periferia e presidiare il centro con le forze migliori in attesa dell’arrivo dei rinforzi. Se mai questo avverrà, visto che al netto del PNRR che non prevede investimenti sul personale, non abbiamo notizia di iniziative utili alla valorizzazione dei professionisti del SSN, per evitarne il lento e inesorabile allontanamento.
 
Chiudere per alcuni mesi ciò che non è indispensabile, ricorrere come durante le fasi peggiori della pandemia a modalità di consulto da remoto quando possibile e usare tutte le risorse disponibili per garantire la cura delle patologie emergenti. Approfittare dell’estate e delle vacanze anche degli utenti, per recuperare in questo modo il recuperabile.
 
E poi ridisegnare il SSN e ridefinire ruoli e rapporti.
 
Ester Pasetti
Segretaria Anaao Assomed Emilia Romagna

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