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24/04/2021

Medici e infermieri, l'obbligo non basta "Almeno 130 mila non ancora vaccinati" - LA STAMPA

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Ancora non vaccinati. Nonostante l'obbligo e il rischio di ritrovarsi sospesi dal servizio e senza stipendio. Incrociando gli ultimi dati disponibili viene fuori un numero non trascurabile: 130mila operatori sanitari e socio sanitari, il 7% della platea interessata dalla campagna (circa 1 milione e 895mila persone). Sono quelli che non risulta abbiano ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino, ma non per forza si tratta di no vax incalliti, che pure vanno messi in conto. Ci sono, infatti, anche quelli esonerati per motivi di salute (gravi allergie o particolari patologie) e coloro che si sono ammalati di Covid e, quindi, hanno rimandato di almeno tre mesi l'appuntamento con l'iniezione. «Ma è indubbio che ci sono aree del Paese in cui il rifiuto del vaccino resiste», conferma a La Stampa Carlo Palermo, segretario dell'Anaao-Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri. In Emilia-Romagna risulta senza la prima dose il 20% degli interessati, circa 39mila operatori. Stessa percentuale in Liguria, dove la stima è di 13.500 non immunizzati. Con le debite proporzioni numeriche, si trovano in questa condizione anche il Friuli Venezia-Giulia e la provincia di Bolzano. Poi abbiamo la fascia del 13-14% di medici, infermieri e operatori sociosanitari non pervenuti: ne fanno parte il Veneto e la Sicilia, dove mancano all'appello più o meno 20mila persone, e la Puglia, con 18mila prime dosi da recuperare. Un po' meglio la Calabria, con un "buco" del 10% e circa 4700 operatori non vaccinati. In Campania, la Asl Napoli 1 ha fatto sapere che dedicherà a loro una parte della giornata vaccinale di domenica: «Si tratta di medici e infermieri che inizialmente erano dubbiosi sui vaccini o che, in molti casi, avevano il Covid quando era il loro turno - ha spiegato il direttore generale, Ciro Verdoliva Verranno convocati in poco più di mille e siamo fiduciosi in un'ampia adesione». In Piemonte, invece, si stima che i senza vaccino siano 2800 (il 2% del totale), di cui oltre mille solo a Torino, tutti ancora a lavoro in ospedale o nelle varie strutture sanitarie. A inizio maggio, gli elenchi di chi ha rifiutato l'iniezione senza essere giustificato dovrebbero arrivare ai direttori generali delle aziende sanitarie piemontesi. Che, a quel punto, dovranno destinare i loro dipendenti a mansioni che non implichino contatti interpersonali e, dove non sarà possibile, sospenderli senza stipendio, finché non avranno fatto il vaccino o comunque fino al 31 dicembre. Alcune Asl, però, pare abbiano già ricevuto alcune lettere da parte degli avvocati del personale non vaccinato: invocano il diritto alla riservatezza e diffidano dall'indagare sullo stato di salute dei dipendenti e dall'allontanarli dal posto di lavoro. Del resto, non solo in Piemonte, il tempo è scaduto, visto che il decreto che ha introdotto l'obbligo è in vigore da più di 20 giorni e in teoria (dopo due settimane) tutte le Regioni dovrebbero avere già raccolto e verificato i nominativi inviati via mail dai datori di lavoro, cioè dalle strutture sanitarie pubbliche come le Asl, dalle cliniche private ma anche dai singoli studi medici, ad esempio dei dentisti. E poi dovrebbero recapitare alla Asl di residenza dei non vaccinati l'informazione sulla mancata copertura, per adottare gli opportuni provvedimenti. In pratica, in nessuna Regione questo passaggio è stato ancora fatto. Incrociare i dati, separando i veri no vax dagli altri "esonerati", non è un'operazione semplice. Ma sarà molto delicata anche quella successiva, che prevede il trasferimento o la sospensione dal servizio, senza stipendio, degli "irriducibili". «Dipende di che numeri parliamo, perché se fossero tanti, con lo storico sottodimensionamento del personale, ci potrebbero essere conseguenze sulla capacità di erogare il servizio», avverte Palermo, convinto che «in prima istanza si dovrà agire con la moral suasion». Che, però, difficilmente potrà funzionare con chi non è sceso a più miti consigli neanche di fronte alla prospettiva di restare 7-8 mesi a casa senza stipendio. In realtà, negli ultimi 20 giorni, a livello nazionale, le dosi somministrate a operatori sanitari e socio sanitari sono state più 130mila (in parte sicuramente richiami), con picchi di 11-12mila nelle giornate tra il 6 e il 10 aprile, una settimana dopo l'approvazione del decreto e l'introduzione dell'obbligo. Segno che la mossa del governo ha sortito un qualche effetto di persuasione. Ma non per tutti. E non abbastanza.

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