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25/01/2021

Recovery Plan e SNPA: quale futuro per i dirigenti sanitari nelle ARPA?

Si riporta per l’interesse degli iscritti, una sintesi a cura del Settore Dirigenza Sanitaria Anaao Assomed, delle interviste ad alcuni Direttori delle Arpa regionali, pubblicate nell’approfondimento “Recovery Plan e SNPA” sul sito del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente.

In particolare andiamo a vedere cosa hanno risposto i Direttori generali alla domanda: “Se la ripartenza del Paese deve essere nel segno dell’ambiente, quali potrebbero essere i problemi che ancora impediscono il consolidamento di un forte Sistema nazionale di protezione ambientale, da affrontare e risolvere una volta per tutte?”

Arpa Veneto - Il Direttore Luca Marchesi: “Altri problemi da affrontare sono quelli relativi alla questione contrattuale, all’inquadramento di chimici, fisici e biologici classificati come esponenti delle “professioni sanitarie” dalla legge 3/2018...”

Arpa Marche - Il Direttore Giancarlo Marchetti: “Dobbiamo poi dare ai nostri impagabili operatori anche una chiarezza contrattuale, che sia il più possibile adeguata alle esigenze degli stessi e che invece non trova un appropriato riconoscimento giuridico delle varie professionalità presenti nel Sistema. L’evoluzione tecnica nel corso di questi vent’anni di esistenza delle Agenzie, in grado di rispondere pienamente alle richieste del Paese, è stata molto più veloce rispetto alla capacità di adeguamento delle norme contrattuali di riferimento.”

Arpa Valle d'Aosta - Il Direttore Giovanni Agnesod: “Sono poi necessarie condizioni contrattuali per il personale delle Agenzie adeguate alle professionalità e competenze richieste per le varie e specifiche attività. Entrambi i punti suddetti sottendono un distacco formale dalla dimensione del Sistema Sanitario Nazionale, con riferimenti finanziari e contrattuali presenti fin dalla prima istituzione delle Agenzie. Esso deve, beninteso, accompagnarsi con un consolidamento della collaborazione operativa, su un piano paritario, con il Sistema Sanitario medesimo nel perseguimento dei fondamentali obiettivi di prevenzione primaria. Da sottolineare la necessità di apertura a nuove assunzioni, in modo da provvedere al necessario potenziamento di ambiti operativi richiedenti sviluppo, e assicurare il naturale ricambio generazionale del personale a fine attività.”

Arpa Umbria - Il Direttore Luca Proietti: “Un primo problema a mio giudizio risiede all’interno delle Agenzie, laddove coesistono due anime – quella tecnica e quella sanitaria – che, pur essendo ormai fuse, non sempre sono coese verso obiettivi unici e coerenti. E tale disomogeneità strutturale può spesso creare scontri e dibattiti controproducenti rispetto al buon andamento dell’amministrazione. Un secondo aspetto, anch’esso strutturale, che impedisce al Sistema delle Agenzie di decollare definitivamente è la mancanza di risorse in termini innanzitutto di personale, ma anche di strumentazioni, impianti e supporti necessari perché le Agenzie e il Sistema possano operare ancor più adeguatamente sul territorio”.<

Arpa Basilicata - Il Direttore Antonio Tisci: “Siamo nati come una costola della Sanità, una realtà marginale del Sistema sanitario, ed è giunto il momento di passare da questa situazione ad una nella quale effettivamente si riconosca che la tutela dell’ambiente è un bene primario per il nostro Paese e che quindi anche il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente deve fondarsi su basi più solide e pienamente autonome rispetto al mondo sanitario. E’ un fatto non solo giuridico, ma anche culturale.
Da questo punto di vista un aspetto cruciale è quello contrattuale ovvero l’inquadramento del personale nel CCNL della Sanità. Un contratto che, naturalmente, è stato a lungo considerato ragionevole per la parte economica (anche se gli ultimi rinnovi non appaiono proprio confermare questa percezione) ma è nato per rispondere alle esigenze del sistema sanitario, della sua organizzazione, ad esempio ospedaliera, ed è strutturato per garantire l’erogazione di attività tipicamente svolte in quell’ambito, che sono molto diverse da quelle del sistema ambientale agenziale. Ogni realtà produttiva ha le sue esigenze e le norme contrattuali devono essere scritte per rispondere a quelle specifiche esigenze, circa gli orari di servizio, i profili professionali, i turni di lavoro, gli stipendi. Si tratta di una questione cruciale che crea ostacoli concreti e decisivi al buon funzionamento delle agenzie.
A causa di questa situazione chimici, fisici, biologi (tutti con la “caratterizzazione” sanitaria del CCNL e ora classificati come esponenti delle “professioni sanitarie” dalla legge 3/2018) secondo alcune organizzazioni sindacali di settore (e secondo alcune recenti sentenze di un paio di TAR) devono necessariamente essere inquadrati come dirigenti, ribaltando quanto accaduto nelle agenzie da una quindicina d’anni, per effetto dei contratti del 2005 che consentivano l’assunzione di questi laureati come degli altri, nel Comparto, e l’accesso alla dirigenza in determinate condizioni.
Non è solo un problema economico (anche se questo aspetto non è indifferente, perché avrebbe un impatto devastante sui bilanci delle ARPA e dunque in sostanza si tradurrebbe nella impossibilità di fatto di assumere questi professionisti, che sono invece, come altri, importanti per il nostro lavoro) ma in primo luogo organizzativo e funzionale.
I dirigenti hanno compiti gestionali, debbono dirigere le strutture nelle quali sono articolate le agenzie. Non è immaginabile riempire le agenzie di decine di dirigenti definiti tali per il solo fatto di possedere una specifica laurea. Nè è pensabile gestire le nostre Organizzazioni con un elemento distorcente del clima aziendale come questo laddove si introducono differenze di trattamento giuridico ed economico incomprensibili per professionisti impegnati nelle stesse attività. Permanendo questa criticità le agenzie saranno messe, in buona sostanza, nelle condizioni di non poter effettuare quel ricambio generazionale che invece è indispensabile, considerato che l’età media del personale è largamente sopra i cinquant’anni.”

ISPRA - Il Direttore Alessandro Bratti: “Una norma che, come molte, manifesta i suoi limiti nell’applicazione. Che a quattro anni dall’approvazione non sia uscito un solo decreto attuativo lo dimostra. Questa difficoltà può essere ascritta sia ad una certa lentezza da parte del ministero competente, sia  alla scelta da parte del legislatore di emanare decreti attuativi attraverso DPCM o DPR, che si è dimostrata un’opzione assolutamente infelice. Bisognava probabilmente trovare delle forme più snelle, perché questi atti normativi sono molto complessi e richiedono confronti continui da parte dei vari organi dello Stato.
C’è poi un problema di risorse, che non definirei solo economiche. Penso alla capacità di introdurre figure nuove nel Sistema, con giovani tra i 25 e i 30 anni che possano apportare contributi di freschezza. Oggi l’età media in Snpa è abbastanza alta. Dovremmo lavorare per togliere i vincoli che impediscono l’assunzione di nuovo personale.
Esiste anche una questione di natura regolamentare. Le Agenzie hanno un contratto di lavoro associato alla sanità, che ritengo sia un bene, ma le professioni che svolgiamo non sono equiparabili a quelle del comparto sanitario. Certo, formulare oggi la richiesta di un contratto a parte cadrebbe nel vuoto. Sicuramente va fatta una battaglia perché all’interno del comparto sanità si riconosca un ruolo particolare al Sistema.
Se questo pacchetto di iniziative andasse a buon fine – decreti attuativi, risorse e rimozione dei vincoli nell’assunzione di nuovo personale, modifiche contrattuali e soprattutto il Dpcm sui LEPTA – avremmo fatto un grossissimo passo in avanti.
Autorevolezza, autonomia e qualità si conquistano sul campo. C’è da dire che Ispra, per quanto debba seguire le direttive del ministero vigilante, ha una forte autonomia data dalla norma che regolamenta le attività̀ degli enti pubblici di ricerca (decreto 218/2016).
Non altrettanto si può dire per le Agenzie, che sono ancora considerate enti strumentali delle Regioni. Del resto la loro attività è finanziata dalle Regioni e dal Fondo sanitario nazionale. Tutto ciò non dico condizioni, ma sicuramente rende la situazione complicata. Quella dell’autonomia è una battaglia che nel tempo bisognerà in qualche modo fare. Se si vuole più indipendenza, è necessario che dal punto di visto giuridico questo riconoscimento ci sia. Se ci fosse un certo grado di finanziamento che venisse anche dal livello nazionale, questo potrebbe dare alle Agenzie un’autonomia maggiore rispetto alle Regioni stesse e farle più sentire integrate nel Sistema.
C’è una sorta di contraddizione interna di non facile soluzione, che potrebbe essere in parte superata da un’unitarietà nazionale di carattere gestionale e di governance. Elemento che oggi non vedo presente nel dibattito politico e non credo che le Regioni, su questo indirizzo, sarebbero d’accordo. Ho vissuto la genesi della legge 132. Al massimo si è riusciti a sviluppare una Rete dal punto di visto tecnico, per lavorare ai Lepta e possibilmente mantenerli.

Arpa Emilia Romagna - Il Direttore Giuseppe Bortone: “Un altro nodo riguarda il definitivo riconoscimento del ruolo professionale del personale delle Agenzie ambientali. Sembra davvero anacronistico che figure multidisciplinari come il dirigente ambientale o il tecnico ambientale del comparto agenziale abbiano difficoltà a trovare un adeguato riconoscimento che ne valorizzi le caratteristiche e soddisfi le necessità di un settore che si caratterizza per multidisciplinarietà e integrazione multisettoriale. Sembra quasi non si voglia prendere atto che negli ultimi anni il sistema della tutela ambientale abbia registrato un’importante evoluzione in coerenza con quanto previsto dalla Legge 132/2016: “Il Sistema nazionale concorre al perseguimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile… della salvaguardia e della promozione della qualità dell’ambiente e della tutela delle risorse naturali”.
Le caratteristiche organizzative e i profili di competenza delle Agenzie ambientali hanno necessità di essere in buona parte diversi e specifici in relazione alle attività svolte, per molti tratti significativamente differenti dalle professioni sanitarie del Ssn e del Ssr.
Non si tratta di rivendicazioni sindacali o corporative, anzi, ma di indifferibili esigenze per garantire il funzionamento efficace ed efficiente del sistema. Indipendentemente infatti dal comparto contrattuale, sanità e/o funzioni locali, emerge sempre più la necessità di definire un profilo professionale unico del Sistema che consenta l’attuazione degli obiettivi di legge. Che dia spazio e prospettiva al personale in servizio e ai nuovi assunti.
Infine, andrebbero opportunamente rilette le necessità di riordino delle professioni sanitarie introdotte con la Legge 3/2018, evitando però che questo porti a eccessive compartimentalizzazioni o alla previsione di attività riservate in via esclusiva a determinati Ordini, favorendo invece l’integrazione, la possibilità effettiva di fornire prodotti, prestazioni e servizi a cui concorrono diverse categorie professionali.
E’ evidente che con il susseguirsi dei ricorsi e delle sentenze del Tar, si rendono sempre più necessarie modifiche normative che vadano nella direzione di semplificare e non vincolare l’organizzazione e la gestione del personale degli enti del Snpa a logiche meramente sanitarie e alla disciplina dei relativi Ordini professionali.
Dal momento che viviamo in un mondo in cui l’informazione ha assunto un ruolo sempre crescente ed è in costante evoluzione, poi, è necessario che il Sistema consolidi la propria capacità di raccontare e condividere l’immenso patrimonio di conoscenze di cui dispone, sapendosi porre come interlocutore “di peso” per gli operatori della comunicazione con ogni mezzo (da quelli tradizionali ai social network) e, anche qui, valorizzando le competenze presenti nelle strutture interne dedicate.”

Arpa Lombardia - Il Direttore Fabio Carella: “Poi c’è una questione tutta nostra, quella dei contratti di lavoro del personale delle agenzie. Oggi dover operare in una situazione in cui operatori e dirigenti delle Arpa e di Ispra sono regolati da contratti diversi (sanità, enti locali, ricerca) non può funzionare. Ogni giorno ci troviamo a confrontarci con difficoltà ed ostacoli a volta insormontabili. I contratti di lavoro devono tutelare il personale e permettere una organizzazione fluida del lavoro, non creare percorsi a ostacoli. Ci vogliono regole certe e uniformi per il nostro personale, bisogna dare una dignità a questo lavoro a tutti i livelli. Valorizzare fino in fondo il tema dell’ambiente e di coloro che lavorano quotidianamente per salvaguardarlo.

Arpa Campania - Il Direttore Stefano Sorvino: “Vi sono poi anche aspetti normativi, che vanno risolti. Pensiamo alla questione delle professioni sanitarie: non è pensabile caricare il Sistema di una previsione incomprensibile per la realtà delle agenzie ambientali, e cioè l’obbligo di inquadrare come dirigenti il personale laureato in chimica, biologia o fisica. Una previsione che avrebbe effetti devastanti da un punto di vista organizzativo oltre che economico.”

Arpa Toscan - Il Direttore Marcello Mossa Verre: “A partire dai primi anni che hanno seguito il referendum del 1993 da cui è nato il sistema delle Agenzie ambientali, la nostra storia è costituita da una serie di compromessi, tutti condizionati dal fatto che siamo nati come una “costola” separata dalla sanità, portandoci dietro sin da allora molte caratteristiche del Sistema Sanitario che determinano regole e vincoli non adatti alla nostra specificità. Abbiamo superato da un pezzo la maggiore età (Agenzie come ARPAT vanno ormai per i 25 anni di età) ma in realtà non abbiamo ancora una nostra dimensione in cui l’ambiente sia davvero centrale.
Una questione aperta che ci trasciniamo da tempo è quella contrattuale. Come è noto, l’intero mondo della pubblica amministrazione italiana è stato raccolto in quattro settori: Funzioni centrali, Funzioni locali, Sanità, Istruzione e ricerca. Ebbene, il personale del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, circa diecimila persone, è frazionato in tre di questi quattro comparti. Appare evidente, anche a chi non è addentro alle questioni sindacali, che si tratta di una stortura che certo non agevola il buon funzionamento del Sistema. Credo che sia indispensabile fare in modo che tutto il personale SNPA sia ricondotto ad uno di questi settori contrattuali, qualunque sia, ma con un proprio spazio specifico, che permetta di gestire al meglio tutte le professioni presenti, garantendo giustizia ed equità retributiva. Non è possibile far funzionare bene una organizzazione se chi la compone non è consapevole di essere trattato in modo equo rispetto ai propri colleghi: non è possibile che persone ugualmente qualificate e che assumono responsabilità analoghe, dirigendo strutture di peso equivalente, debbano essere retribuite in modo diverso solo per l’appartenenza a questo o quel comparto contrattuale.
Si aggiunge a questo un altro problema, quello collegato col recente riordino di alcuni Ordini professionali; gli Ordini sono previsti dalle norme vigenti, fra i nostri dipendenti ci sono chimici, fisici, biologi, ingegneri, avvocati, geologi, giornalisti iscritti ai relativi albi professionali, è normale che sia così in base alle norme vigenti, ma questo non può significare che figure rientranti nelle cosiddette professioni cosiddette sanitarie (chimici, biologi e fisici) debbano essere automaticamente inquadrate come dirigenti, indipendentemente dalle funzioni che svolgono. Si tratta di una logica che rischia di scardinare l’organizzazione delle Agenzie e di renderle ingestibili. Non ci può essere una organizzazione in cui tutti, o quasi, sono dirigenti. Un dirigente, in qualsiasi organizzazione, è una persona che ha delle responsabilità ben individuate e che gestisce risorse umane, tecniche e finanziarie. Questo non vuol dire che professionisti qualificati, come quelli che abbiamo nelle nostre Agenzie, non debbano avere una retribuzione congrua, in relazione alle funzioni svolte, e che per gli stessi non debbano essere garantiti adeguati percorsi per l’accesso alla dirigenza”.

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