Emilia Romagna
22/09/2017

Intramoenia, boom stipendi in Emilia-Romagna. Ortopedici i più retribuiti - DOCTOR33

Intervista a Sandro Macchia, Segretario Anaao Assomed Regione Emilia Romagna

Fino a 937 mila euro annui contro una media di 60 mila euro di stipendio; tanto può arrivare a guadagnare un ortopedico del Rizzoli di Bologna con i proventi della libera professione intramuraria. E tra i luminari dell'apparato scheletrico è una competizione a colpi di euro, il secondo ortopedico nelle classifiche dei redditi rese pubbliche dagli ospedali emiliano-romagnoli - sempre agli Istituti Rizzoli - ha incassato 823 mila euro, il terzo -chirurgo vertebrale - 535 mila euro; intanto al Sant'Orsola, altra struttura bolognese, i chirurghi generali oscillano in cinque casi tra i 430 e i 570 mila euro di "fatturato" intramoenia. Insomma, con l'attività libero professionale si può incassare da 5 a 15 volte il proprio stipendio. Il dato stride con le statistiche nazionali sull'intramoenia: ancora quattro anni fa i ricavi del settore erano 1,14 miliardi, un centesimo rispetto al Fondo sanitario nazionale, e dati in decrescita sul 2013 (-0,7%). Nel 2014 erano persino diminuiti i camici che esercitavano la libera professione sotto il controllo delle strutture ospedaliere da cui dipendevano: 53 mila contro quasi 60 mila del 2010. Il rapporto tra volumi di intramoenia e attività istituzionale non supera il 28%. Emilia Romagna in clamorosa controtendenza, o si sta sviluppando un boom nazionale?

«Intanto, rispetto ad altre regioni la nostra sfugge meno alla voce "nero", un dato che purtroppo altrove esiste», analizza Sandro Macchia segretario Anaao Assomed emiliano. «I dati regionali sono certificati dalle Ausl, sono una realtà e riguardano per lo più chirurghi, richiesti espressamente dai pazienti. Questi ultimi pagano di tasca loro o con un'assicurazione, formula che consente in alcuni casi di veder coperto tutto il costo dell'intervento in convenzione. In secondo luogo, si tratta di cifre lorde: sull'incasso del medico la struttura, che riscuote direttamente la parcella, trattiene il 22% e poi arrivano le tasse secondo aliquota nazionale. In pratica al medico arriva meno di metà: pur sempre una grossa somma, ma generata da un volume veramente alto, enorme di prestazioni. In terzo luogo, si tratta di una vera scelta dei pazienti: la Regione cinque anni fa ha iniziato a valutare quanto le liste d'attesa influenzassero il ricorso a formule diverse, in cui il paziente paga per non aspettare, e ha confermato che i due fenomeni sono indipendenti. Le attese per un intervento sono in tutti i casi dentro i tempi stabiliti a livello nazionale, massimo 30-40 giorni dalla diagnosi ad esempio per l'oncologia». Ergo, si va dal chirurgo famoso per una scelta, non per necessità, e l'ortopedia o l'oncologia sono discipline dove più si cerca il luminare.

A seconda della disciplina poi, quarto aspetto nell'analisi di Macchia, «incidono in modo più o meno forte i "viaggi della speranza" di pazienti provenienti da altre regioni; e aumenta il peso delle assicurazioni sia tra i residenti sia tra i non residenti: per contro, nella struttura pubblica le visite aumentano ma cresce anche la domanda e i tempi di visita mediamente si restringono, spesso a causa degli adempimenti burocratici. Così l'utente cerca alternative». Si alimenta un giro d'affari che porta ricchezza a tutti («i proventi intramoenia sono redistribuiti anche tra gli specialisti che non hanno sviluppato la libera professione, inclusi veterinari, anatomopatologi, igienisti») e offre certezze ai malati, «in una regione che comunque ha ripreso ad assumere sanitari per assicurare volumi di attività elevati nell'ambito del servizio sanitario pubblico. Servizio che in certi casi, credo, per una stessa prestazione possa offrire alla fine di più dell'intramoenia».

Mauro Miserendino

 

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