Hanno sostenuto i giudici che, se sin dall'inizio i segni sintomatici erano del tutto inequivocamente indicativi della reale patologia dalla quale era stata attinta la paziente, nulla di comprensibile e giustificabile poteva aver legittimato il medico di P.S. a formulare una diagnosi di "nevrosi d'ansia" (la prima volta) e di "psicosi acuta" (la seconda volta), tanto sostanziando la colpa addebitatagli. Né vale addurre a contrario, la prospettazione del sanitario di essere specialista in pneumologia: tale specializzazione non lo abilitava di certo a svolgere il suo lavoro di pronto soccorso esclusivamente nei confronti di pazienti con patologie riconducibili solo a tale area specialistica; egli assumeva, nei confronti di tutti i pazienti sottoposti alle sue cure, una piena posizione di garanzia, versando in colpa nell'omettere di svolgere appieno i suoi compiti.