Pur osservando il comportamento colposo in cui è incorso il medico curante, la Cassazione - annullando la pronuncia di condanna - ha affermato che i Giudici di primo e secondo grado non avrebbero adeguatamente approfondito ed accertato, secondo principi contrassegnati da elevato e persuasivo grado di credibilità razionale, la ricorrenza del nesso di causalità tra la formulazione tempestiva della diagnosi ed un ipotizzabile conseguente prolungamento significativo della vita della donna ovvero una minore intensità lesiva della malattia con una migliore qualità di vita per la predetta.