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20/05/2025

Personale sanitario, contratti, IA e Metaverso: la nuova sfida per il sindacato - Quotidiano Sanità

Responsive image Solo con contratti capaci di coniugare formazione, responsabilità, diritti di ricerca e tutele sulla privacy, sarà possibile mettere i medici nella condizione di sfruttare al meglio le nuove frontiere digitali, senza rinunciare alla responsabilità e alla dignità della professione

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L’integrazione dell’intelligenza artificiale, della realtà aumentata e persino del Metaverso nella attività del medico non è più fantascienza, ma una rivoluzione in atto che sta ridefinendo l’arte cerusica – dalle aule universitarie alle sale operatorie, fino al domicilio del paziente. Se, da una parte, queste tecnologie offrono precisione diagnostica, simulazioni chirurgiche e consulti a distanza prima impensabili, dall’altra mettono sul tavolo nodi contrattuali e sindacali che non possono più essere rimandati.

Immaginiamo un algoritmo in grado di identificare pattern oncologici in un’immagine radiologica con un’affidabilità superiore al 90%; oppure un giovane chirurgo che, grazie a un visore AR, vede in tempo reale la rete vascolare del paziente proiettata sul torace prima di effettuare l’incisione. La promessa è di interventi più rapidi, più sicuri, meno invasivi. Ma chi assume la responsabilità quando un’IA sbaglia diagnosi? E come si concilia l’autonomia del medico con un consiglio “meccanico” che potrebbe diventare vincolante? Nei prossimi contratti collettivi, gli ospedali e le società fornitrici dovranno definire in modo chiaro ruoli, limiti di responsabilità e protocolli d’utilizzo, per evitare che il medico diventi mero esecutore di un referto algoritmico.

Parallelamente, la formazione non potrà più essere limitata alle 4 ore a settimana previste dal contratto in essere e sempre più difficilmente ottenuta data la cronica carenza di personale. Diventerà essenziale prevedere percorsi strutturati, riconosciuti come obbligatori nell’orario di lavoro, in cui il medico acquisisca dimestichezza non solo con le interfacce software, ma anche con le tecniche di simulazione immersiva. In un’epoca in cui la mancata familiarità con gli strumenti digitali genera un vero e proprio “digital divide” interno, anche legato alla diversa cultura generazionale nelle esperienze immersive, i contratti dovranno garantire pari opportunità di accesso alle tecnologie – riconoscendo crediti formativi, ferie dedicate e risorse economiche per corsi AR e workshop virtuali.

Ma la rivoluzione non si ferma nella clinica “fisica”: il Metaverso apre nuove frontiere per la telemedicina. Prestazioni in realtà virtuale, simulazioni di gruppo con più specialisti, spazi di consulto tridimensionali dove il paziente interagisce con l’avatar del medico. In questo contesto, i sindacati dovranno negoziare l’“equivalenza retributiva” tra visite in presenza e in Metaverso, definire limiti orari e regole sul diritto alla disconnessione, tutelando la work‐life balance anche in ambienti virtuali. Sarà obbligatorio delineare una giurisprudenza del metaverso che tracci le regole e il contratto delle prestazioni mediche soprattutto nella sempre più probabile evenienza che medico e paziente appartengano a paesi differenti, con norme e leggi che regolano il settore di attività in modo estremamente diverso, soprattutto per il campo della responsabilità professionale. È possibile anche immaginare una alleanza internazionale che armonizzi tra loro non solo condizioni di lavoro, ma soprattutto contratti di lavoro.

Dovranno altresì assicurare clausole stringenti per la privacy: i visori AR e le piattaforme immersive raccolgono dati biometrici, movimenti oculari, conversazioni, che richiedono protocolli di cybersecurity e diritti di accesso, rettifica e cancellazione delle informazioni da parte del medico.

Di qui il ruolo chiave dei sindacati: non più soltanto difensori di salari e orari, ma attori protagonisti nella governance delle tecnologie emergenti. Per farlo serviranno unità di ricerca interne dedicate allo studio delle evoluzioni digitali, l’inserimento di esperti ICT e bioingegneri nei negoziati, la partecipazione attiva a comitati etici e consorzi internazionali sull’IA. E ancora: un piano di outskilling e reskilling per chi vedrà le proprie mansioni automatizzate, con percorsi di carriera alternativi e condizioni di pensionamento anticipate, e la stipula di “accordi per la dignified retirement” per garantire tutele economiche e professionali ai colleghi ormai in fase di dismissione.

Accanto alle questioni già citate, emerge un’ulteriore frontiera critica: l’uso dell’IA nei processi di selezione del personale medico. Se da un lato gli algoritmi possono velocizzare la scrematura dei curricula e individuare profili dotati di competenze specifiche, dall’altro rischiano di replicare e amplificare i pregiudizi presenti nei dati storici. Immaginiamo un sistema che, sulla base di assunzioni passate, penalizzi inconsapevolmente candidati di genere o provenienza etnica differenti: senza adeguati meccanismi di revisione e trasparenza, le macchine potrebbero escludere professionalità di valore e impoverire la diversità degli organici. I sindacati, dunque, dovranno negoziare clausole vincolanti che obblighino le strutture sanitarie a sottoporre gli algoritmi a controlli periodici di bias, ad aprire i “cassetti neri” dei modelli per verificare criteri di scelta ed escludere discriminazioni, e a garantire il diritto di appello ai candidati che si sentissero ingiustamente penalizzati.

Un’altra minaccia che richiede un intervento sindacale deciso riguarda la sorveglianza algoritmica del comportamento dei medici. Le piattaforme digitali e i sistemi AR/VR possono raccogliere dati dettagliati – movimenti, tempi di reazione, persino tracciature delle conversazioni – e trasformarli in indicatori di performance da cui scaturirebbero sanzioni automatiche o riduzioni di carriera. Senza tutele contrattuali specifiche, l’“occhio” dell’IA potrebbe diventare uno strumento di controllo intensivo e punitivo, ledendo la privacy professionale e personale del medico. Il ruolo del sindacato sarà di prevedere nei contratti clausole che limitino l’uso di questi dati ai soli fini di sicurezza del paziente, stabiliscano paletti precisi su quali informazioni possono essere raccolte, vietino ogni forma di “profilazione punitiva” e riconoscano al medico la possibilità di accesso, revisione e cancellazione dei dati che lo riguardano, oltre a sanzionare eventuali abusi.

Sembra che persino il neoeletto Papa Leone XIV abbia scelto questo nome per segnare la necessità di affrontare la nuova rivoluzione digitale così come il suo predecessore Leone XIII aveva affrontato i cambiamenti legati alla rivoluzione industriale.

I sindacati sono i primi guardiani dei diritti dei lavoratori sin dalla nascita dell’era industriale: evolversi e aggiornarsi sarà l’unico modo per mantenere saldo il principio che nessuna tecnologia può sostituire del tutto il giudizio clinico e l’empatia umana. Solo con contratti capaci di coniugare formazione, responsabilità, diritti di ricerca e tutele sulla privacy, sarà possibile mettere i medici nella condizione di sfruttare al meglio le nuove frontiere digitali, senza rinunciare alla responsabilità e alla dignità della professione.

​Alessandra Spedicato, Presidente della Federazione Europea dei Medici Dipendenti
Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed

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