Intramoenia: una libera scelta non un sospetto
di P. Di Silverio, A. Di Blasi, U. Anceschi
28 APR - Gentile Direttore,
è difficile ignorare il recente clamore sui giornali riguardante la libera professione intramuraria. L’ALPI, acronimo di un’attività contrattualmente e normativamente regolamentata, voluta dalla politica, non certo dai Medici, nasce con l’intento di trovare soluzioni condivise all’interno della sanità pubblica italiana, per tentare di risolvere problematiche divisive fra cittadino e categoria professionale, nel tempo trasformate in uno strumento di narrazione pubblica distorta, demotivante e moralmente avvilente.
Non ci interessa difendere a tutti i costi uno strumento che, come ogni istituto complesso, può e deve essere migliorato. Ci interessa – profondamente – difenderne il principio etico per il quale è stata pensata e organizzata, per consentire la relazione diretta tra chi cura e chi si affida, ovvero per la salvaguardia del rapporto medico-paziente, attraverso la possibilità della scelta diretta del medico, non prevista né tutelata nelle due precedenti riforme.
Tale principio, che deve soddisfare principi costituzionali e deontologici, non può essere incrinato da una percezione sbagliata, o da comunicazioni distorte, ideologiche o strumentali.
Quando l’ALPI, così come tutte le iniziative che cercano di migliorare il rapporto con il cittadino, diventa il bersaglio facile di ogni malessere, non è solo il medico a finire sotto accusa: è il rapporto fiduciario verso il sistema pubblico a indebolirsi.
Se passa l’idea che i camici bianchi siano lì solo per trarne vantaggio, anche quando ogni norma è rispettata, si genera uno scollamento pericoloso, che nessuna legge potrà più ricucire. Tale scollamento aumenta di fatto la diffidenza e la rivalsa alla base della medicina difensiva che fa lievitare i costi di gestione e mina le basi per la sostenibilità del sistema.
Siamo consapevoli che, fuori dai reparti, la fiducia verso la sanità pubblica stia cambiando forma.
Lo osserviamo. Lo ascoltiamo. Lo capiamo. E per questo non rispondiamo con toni polemici, ma con una proposta di verità condivisa.
Se l’ALPI viene percepita come un privilegio, allora è il sistema che ha smesso di spiegarne il senso.
Se un paziente crede che il medico sia più presente nel privato che nel pubblico, cosa che i dati smentiscono, allora qualcosa si è rotto. E a proposito di dati occorre sottolineare che L’ALPI infatti nel 2021 ha fruttato alle aziende 1,087 miliardi, corrispondenti ad una spesa pro-capite, calcolata sulla popolazione residente, di 18,4 nel 2021. Qualcuno dovrebbe spiegare su quali dati poggia l’assunto secondo cui il prolungamento dei tempi di attesa, che attualmente si misurano in anni, favorisca l’incremento dell’attività libero professionale intramoenia. Inoltre il trend dei medici che esercitano la libera professione è in drammatica discesa infatti solo il 38% degli aventi diritto oggi pratica l’ALPI.
Insomma se un’intera categoria si ritrova a doversi difendere da una condizione di sospetto, anche quando l’oggettività smentisce la narrazione, allora non è possibile tacere. I medici non sono tutti Santi e Onesti, ma chiediamo che non venga fatto “di tutta un’erba un fascio” e venga valorizzata quella professionalità, che garantisce l’art. 32 della nostra costituzione e sostenibilità al SSN, cardine del nostro welfare, in un’epoca nella quale è il mercato che crea e toglie le opportunità non i medici.
Non si tratta di difendere una sanità a pagamento: qui c’è una fiducia da ricostruire.
Non siamo ingenui. Sappiamo che la legge, da sola, non basta a garantire equità ed etica.
Ma sappiamo anche che se operiamo nella legalità non possiamo diventare il bersaglio morale di un disagio collettivo: perché quando un cittadino comincia a dubitare della buona fede del proprio medico, la ferita non è simbolica, ma ricade su tutto il sistema paese.
Se oggi questo equilibrio si è alterato, o appare tale, allora servono riforme, coraggio e risorse, non colpevolizzazioni.
Per questo ci rivolgiamo ai cittadini, alle istituzioni, a chi scrive e a chi governa: non per ribadire una posizione, ma per aprire un confronto.
Una discussione matura, onesta, che metta al centro ciò che davvero rischiamo di perdere: la fiducia reciproca.
Pierino Di Silverio
Aldo Di Blasi
Umberto Anceschi
Anaao Assomed