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02/12/2022

Caro ministro Schillaci, i medici non possono lavorare “più ore” - QUOTIDIANO SANITA'

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Non è chiaro se il Ministro pensi ad un aumento dell’orario attraverso il CCNL, che continua a ignorare, indifferente al fatto che quello 2019-2021, scaduto prima di essere discusso, preveda incrementi economici pari a un terzo del tasso inflattivo, e di quello 2022-2024 nemmeno se ne parla. O mira alla istituzionalizzazione del cottimo, secondo i classici canoni fordisti

L’intervista concessa a Repubblica il 30 novembre dal Ministro Schillaci è illuminante per diversi aspetti. Il primo, perché segna, forse, la fine dello “studio dei dossier”, cui il Ministro si è finora applicato a tempo pieno, da buon professore universitario. Il secondo, perché parla, finalmente, di corsie, medici, retribuzioni, orario di lavoro, liste di attesa, proponendo una soluzione semplice a un problema complesso. Peccato che sia sbagliata.

Sostenere che “Bisogna incentivare, economicamente, la presenza in ospedale dei professionisti per più ore” significa ignorare la durata della presenza effettiva di medici e dirigenti sanitari sul lavoro. Alle 38 ore settimanali dovute per disposizione contrattuale, il numero piu alto di tutto il pubblico impiego, occorre aggiungere ogni anno circa 138.000 turni aggiuntivi richiesti dalle aziende per far fronte alla carenza di personale e 2,5 mln di ore di libera professione istituzionale per la riduzione delle liste di attesa. Se poi allarghiamo lo sguardo, osserviamo 10 mln di ore di straordinario, nemmeno retribuite, e 5 mln di giornate di ferie non godute, al 2021.

Uno dei motivi per cui circa 3.000 medici ogni anno lasciano il pubblico per il privato è l’impossibilità di conciliare ritmi e carichi di lavoro con il tempo di vita, specie per le donne che sono la maggioranza del personale sanitario, tanto che il tempo è la seconda moneta più richiesta, se non la prima. C’è ancora spazio per “più ore”? L’orario di lavoro dei medici è una variabile disponibile senza limiti?

Anche sugli organici le idee sono confuse, specie se si vuole negare il ruolo della carenza di personale nel generare le liste di attesa, ridotte a problema organizzativo. Dire che “gli organici dei medici, al di là di alcune discipline che sono in difficoltà, non sono inferiori a quelli di altri Paesi” confonde laureati in medicina con medici specialisti e contrasta con corsie vuote più delle culle, concorsi deserti, e non solo in alcune discipline, aumento generalizzato dei carichi di lavoro, i dati Eurostat 2020.

Per di più, l’età media dei medici ospedalieri italiani è la piu alta al mondo, e solo ora comincia a declinare la gobba demografica che, grazie anche a provvedimenti tipo quota 100, ha contribuito a desertificare gli ospedali, soprattutto se periferici. La parola “assunzioni” è omessa e la “rivalutazione del trattamento economico di tutto il personale medico e sanitario” rinviata a futura memoria, malgrado le retribuzioni dei medici dipendenti siano, oggi, al terzultimo posto in Europa, dove ci sono stipendi che fungono da calamita per i giovani.

Non è chiaro se il Ministro pensi ad un aumento dell’orario attraverso il CCNL, che continua a ignorare, indifferente al fatto che quello 2019-2021, scaduto prima di essere discusso, preveda incrementi economici pari a un terzo del tasso inflattivo, e di quello 2022-2024 nemmeno se ne parla. O mira alla istituzionalizzazione del cottimo, secondo i classici canoni fordisti.

Un cottimo da partita IVA senza però i vantaggi fiscali concessi alle partite IVA, visto che si continua a negare la necessità di incentivi fiscali alla produttività nel settore pubblico. Insomma, i dipendenti come figli di un dio minore, cui tocca “lavorar tacendo” per le magnifiche sorti dell’aziendalismo nostrano.

ll Ministro della salute non avverte che la crisi della sanità pubblica, intrecciata con quella dei suoi professionisti che alimenta una fuga inarrestabile che impoverisce il capitale umano privandolo di competenze e conoscenze, rappresenta una emergenza cui far fronte in tempi ravvicinati, con risorse congrue e spendibili oggi.

Mentre la manovra economica 2023, approdata alle Camere con una cornucopia di 36 miliardi, certifica la mancanza di volontà di investire in un settore fondamentale per la vita civile e sociale, che rappresenta pure una leva economica pari a 11 punti di PIL, nemmeno per ridurre le enormi diseguaglianze o mettere riparo alle falle strutturali che la pandemia ha messo a nudo. Preferendo perdersi dietro bandierine di ogni genere, come se il Covid fosse finito e la parentesi chiusa.

Il Ministro ed il Governo facciano sapere al Paese se esiste la volontà politica, come dice il Presidente della fondazione Gimbe Cartabellotta, “di mantenere un servizio sanitario interamente pubblico, equo ed universalistico o se si vuol andare in una direzione diversa”, perchè, entro pochissimo tempo, il SSN arriverà ad un punto di non ritorno.

E con esso un patrimonio professionale senza pari e la salute dei cittadini, “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, secondo l’articolo 32 della Costituzione.

I professionisti non staranno a guardare. A cominciare dal 15 dicembre quando saranno in piazza a Roma.

Costantino Troise

Direzione Nazionale Anaao Assomed

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