Rassegna di giurisprudenza
01/03/2022

Giurisprudenza:      responsabilità, esenzione dalla vaccinazione, inoperatività art. 2103

Cassazione Penale – Sezione IV – sentenza n. 5117/2022. Cooperazione colposa per medico che cura melanoma con l’omeopatia.
La Corte di Cassazione ha affrontato un caso di colpa medica ex art. 589 c.p. relativo all’omicidio colposo di una paziente affetta da un melanoma maligno che veniva curata con una terapia omeopatica ritenuta priva di alcun valore scientifico. Secondo la Corte di Cassazione, anche la condotta del medico di consigliare una terapia omeopatica per curare una patologia oncologica non può che integrare una condotta gravemente negligente e imperita dell'imputata, che non avendo mai sollecitato la paziente ad abbandonare immediatamente la medicina omeopatica per affidarsi a quella allopatica ha contribuito ad incidere casualmente sul decorso ingravescente della grave patologia.

Cassazione Civile – Sezione III – sentenza n. 4905/2022. Accertamento della gravità della colpa.
Premessa la nota regola della Corte di Cassazione in tema di colpa lieve: vale ad escludere responsabilità quando l'intervento medico sia di particolare difficoltà e solo ove si tratti di imperizia, non già di negligenza o imprudenza, casi questi ultimi in cui anche la colpa lieve è fondamento di responsabilità, va sottolineato che in realtà la colpa è lieve non quando la patologia sia grave, ma quando la sua cura sia difficile; è la difficoltà dell'intervento che rende la colpa meno grave, giudicabile con minor rigore

Tar Lazio – Sezione I – Sentenza n. 84/2022 Esenzione dalla vaccinazione va certificata dal medico curante
La domanda di tutela cautelare non è favorevolmente scrutinabile per carenza del requisito del fumus boni iuris perché non consta che le certificazioni esibite dalla ricorrente provengano dal suo medico curante di medicina generale o dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari ministeriali diramate sul punto ed espressamente richiamate dalla legge.

Cassazione Lavoro – ordinanza n. 4153/2022. I motivi per cui alla dirigenza non si applica l’articolo 2103 del codice civile
L’articolo 2103 del codice civile recita “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto (att. 96) o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.Ogni patto contrario è nullo”.
L'inoperatività dell'art. 2103 c.c. alla dirigenza, sancita in via generale dal d.lgs. n. 165 del 2001, art. 19, trova origine nel fatto che la qualifica dirigenziale non esprime una posizione lavorativa caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l'idoneità professionale a ricoprire un incarico dirigenziale. Così la Cassazione con ordinanza n. 4153

 

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