CCNL 2019-2021
17/11/2021

Dall'emergenza sanitaria una sfida per il nuovo contratto. Da cogliere subito.

(L'articolo è pubblicato su DIRIGENZA MEDICA n. 9/2021 - apri il pdf)

di Simona Bonaccorso, Direzione Nazionale Anaao Assomed

"Da Dirigente medico impegnata in area di emergenza-urgenza che vive la quotidiana pressione lavorativa, mi domando se il nuovo contratto sarà in grado di arginare gli abusi conseguenti a carichi eccessivi di lavoro, ma, soprattutto, se potrà divenire espressione di un nuovo stile di vita improntato al benessere del lavoratore. Affinchè ciò accada occorre agire su più fronti, tutelando con maggiore forza gli aspetti già contrattualmente definiti e mirando ad implementare il livello di benessere e soddisfazione del singolo all’interno del processo organizzativo".

L’anno 2020 ha segnato profondamente il lavoro all’interno degli Ospedali e le problematiche emerse con la pandemia da COVID-19 hanno messo a dura prova tutto il sistema sanitario nella sua efficienza e nella sua efficacia. I Dirigenti medici e sanitari hanno dimostrato di possedere elevato livello di abnegazione, di passione, di capacità professionale, spendendosi ogni giorno nella cura dei malati. Tuttavia, la continua improvvisazione organizzativa, l’incertezza e il disorientamento degli ambienti dentro i quali ci siamo dovuti muovere hanno condizionato negativamente il nostro benessere psicofisico e la nostra serenità. Fin dall’inizio ci siamo ritrovati come veri primi protagonisti di questa terribile battaglia, costretti a indossare le vesti di meri esecutori con mortificazione del nostro essere professionisti. La battaglia non è ancora finita.

Lo stato d’emergenza è divenuto, a distanza di un anno e nove mesi, una “condizione stazionaria nella sua gravità”, che rischia di cronicizzare pericolosamente. All’interno di questo scenario, il rispetto delle garanzie contrattuali risulta indebolito, prima tra tutte il rispetto dell’orario di lavoro. L’emergenza, infatti, ha slatentizzato l’annoso problema della carenza di personale, ed oggi è divenuta prassi comune colmare tale carenza con progetti dedicati, ad esempio con guardie in regime di libera professione (LP) per l’Azienda. Ma a quale prezzo? Un prezzo elevatissimo sia per la salute dei professionisti sia per la qualità assistenziale, perché se da un lato le Aziende, supportate dallo stato d’emergenza, promuovono prestazioni aggiuntive a quelle contrattualmente previste, dall’altro i Dirigenti medici arrivano a toccare le 70 e addirittura le 80 ore settimanali di lavoro a dispetto di qualunque tetto orario. Questa precaria situazione che si plasma giorno dopo giorno, e per la quale non trova spazio una programmazione appropriata, non rende possibile un regolare fluire dei turni ma, soprattutto, mette a serio rischio la sicurezza nel lavoro e la salute del lavoratore. Da Dirigente medico impegnata in area di emergenza-urgenza che vive la quotidiana pressione lavorativa, mi domando se il nuovo contratto sarà in grado di arginare gli abusi conseguenti a carichi eccessivi di lavoro, ma, soprattutto, se potrà divenire espressione di un nuovo stile di vita improntato al benessere del lavoratore. Affinchè ciò accada occorre agire su più fronti, tutelando con maggiore forza gli aspetti già contrattualmente definiti e mirando ad implementare il livello di benessere e soddisfazione del singolo all’interno del processo organizzativo.

Le mie proposte riguardano:

  • riorganizzare le guardie in LP a favore dell’Azienda. La possibilità per le Aziende di far ricorso a “prestazioni aggiuntive” in LP è condivisibile perché argina la carenza di personale ma occorre definire chiaramente 1) il limite temporale per il quale farvi ricorso, il più possibile circoscritto al periodo di necessità, oltre il quale deve rendersi obbligatorio un bando di concorso per assunzione di personale; 2) il limite settimanale posto per ciascun dipendente, in termini di tetto orario, per evitare l’abuso che attualmente si sta consumando a dispetto dei principi che regolano la normativa europea sull’orario di lavoro, funzionali a ottimizzare la qualità delle cure offerte e la salute del professionista. Non basta quindi porre all’Azienda il limite al numero delle guardie in LP adottabile, ma il limite va posto anche ai singoli medici, per evitare che gli stessi, più o meno consapevolmente, vadano incontro a sovraccarico di lavoro minando la sicurezza delle cure. Per gli stessi motivi ritengo che l’orario di lavoro aggiuntivo, sotto forma di Progetto o di Libera Professione a favore dell’Azienda, non debba rientrare tra gli obiettivi di budget, e conseguentemente nella retribuzione di risultato, essendo legato a necessità assolute, quali una grave carenza di personale come quella che stiamo vivendo. Per cui deve essere ben retribuito e ben tutelato ma non premiato, dovendo, per la sua straordinarietà, rimanere lavoro eccezionale. Attribuire al lavoro aggiuntivo obiettivi e risultati porrebbe le basi per un ricorso inopportunamente regolare, in futuro probabilmente non più così volontario e tale da incidere negativamente sulle relazioni umane dei lavoratori all’interno dell’organizzazione, creerebbe infatti percorsi gerarchici i basati sulla “quantità delle prestazioni” e non sulla “qualità delle cure”;
  • rivedere il servizio in pronta disponibilità. L’attuale Articolo 27 - Comma 6 recita: “Di regola, potranno essere programmati per ciascun dirigente non più di dieci turni di pronta disponibilità mensili”. Credo sia necessario:
  • 1) eliminare la parola “di regola” perché espone ancora una volta al rischio di abuso in situazioni di necessità;
  • 2) far partire la remunerazione dello straordinario dall’ora in cui si riceve la chiamata e non dal momento in cui il dirigente arriva in ospedale e timbra;
  • 3) avere il controllo dell’effettivo uso che un’Azienda fa della pronta disponibilità.

Se, infatti, adogniDirigentepossonoessereassegnate nonoltrediecireperibilitàalmese,inperfetta regola con il contratto, moltissime sono le chiamate in regime di reperibilità cui sonosottopostituttiiDirigentidiundeterminatoreparto. Allora, quando nell’ambitodi una Unità Operativa le chiamate in “pronta disponibilità” sono uguali o superiori a14 al mese, per almeno 5 mesi, anche non consecutivi nell’arco di un anno,evidentemente il carico di lavoro in quella determinata Unità Operativa è tale darichiederepiùpersonaleequindideveessereistituita:a)unaguardiaattivaaggiuntiva con servizio di pronta disponibilità integrativa; b)unaguardiaattivaperleUnitàOperativeconserviziodiprontadisponibilitàsostitutiva. In quest’ultimo caso l’ulteriore pronta disponibilità diverrà integrativa.Tale proposta ha l’obiettivo di monitorare l’eccesso di chiamate che evidentementecelalanecessitàdiimplementareilpersonaledeireparticompatibilmenteconla mole di lavoro svolto. Monitorando il numero di prontacomma6),unitamentealleeffettivechiamateinprontadisponibilità,calcolatemediamentenell’ambitodiuninteroanno,sipotràvalutarel’eventualesovraccarico di lavoro cui sono sottoposti i Dirigenti, oltre che la qualità assistenziale che si è ingradodi offrire.

  • rivalutare l’Articolo 40 “Assenze per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche”. Ritengo che vadano aumentate da 18 a 36 le ore annuali da dedicare all’espletamento di visite, terapie e prestazioni specialistiche, che le stesse ore non debbano più essere assimilate alle assenze per malattia, così come attualmente previsto dal comma 2, che vada conseguentemente eliminata la decurtazione economica prevista dal comma 6. Occorre infatti restituire adeguata importanza alla salute del Dirigente consegnandola all’interesse dell’Azienda in tutti i suoi aspetti. Tali giornate non siano più indicate come “assenze” ma definite “giornate della salute” da usufruire secondo le necessità del benessere psicofisico.
  • implementare il benessere del dipendente. È solo una questione di tempo trascorso a lavoro? Certamente no! È già previsto poter usufruire di eventuale “flessibilità oraria per particolari condizioni familiari” e se ne riconosce l’importanza, ma il benessere lavorativo non passa solo attraverso questo. Noi giovani medici e sanitari sapevamo, scegliendo la nostra professione, di far nostro non un lavoro a tempo ma uno stile di vita e ciò che chiediamo oggi è avere una qualità di vita più alta dentro il contesto lavorativo, avere luoghi e spazi per uno scambio culturale, per continuare a studiare e a formarci, per sentirci valore aggiunto dentro un sistema ovvero professionisti e non asettici lavoratori “produttori di prestazioni a ore”, che divengono inevitabilmente degli automi alienati e di conseguenza delle persone infelici!

Il nuovo contratto sia quindi lo strumento per dare alla vita del Dirigente dentro l’Ospedale un nuovo volto, che passa sia dall’architettura degli spazi sia dalla concezione stessa del lavoro, meno meccanicizzato e più dedicato alla crescita e alla soddisfazione dei singoli all’interno del gruppo.

Sia quindi contrattualmente prevista l’obbligatorietà per le Aziende di organizzare al suo interno: a) spazi dedicati a biblioteche per la consultazione informatica di letteratura scientifica;

b) numero prestabilito di corsi con l’obbligo di far partecipare annualmente tutti i dipendenti;

c) tempo da dedicare al riposo, di almeno 20 minuti, senza debito orario, quando il dipendente esegue guardie di 12 ore;

d) aree relax con la possibilità di usufruire di spuntini, frutta e bibite gratuiti;

e) asilo nido aziendale o in alternativa bonus bebè per i primi tre anni dei figli;

f) sistemi di “valutazione ascendente” ovvero sistemi di valutazione dei Dirigenti medici e sanitari rivolti al proprio Direttore di Unità Operativa e al Direttore Generale.

Infatti, introducendo il benessere e il livello di soddisfazione del dipendente, tra gli obiettivi aziendali da raggiungere, calcolabile con indicatori che consentano di pesare la valutazione del Direttore di Unità Operativa e del Direttore Generale, si potrebbe monitorare il livello di benessere dei singoli facendo sì che questo possa più concretamente realizzarsi come risposta alle necessità di chi, professionista, vive e lavora dentro un sistema.

Alla mia domanda “può il nuovo contratto, accanto alla sua peculiare qualità di arma che tutela, divenire anche il mezzo per ricreare dentro gli Ospedali un clima di benessere globale che passa attraverso le gratificazioni, le motivazioni e la qualità di vita?” rispondo auspicandone la possibilità, a condizione che si scelga di rimettere al centro del processo la persona.

“Si tratta di ripartire dal lavoro reale…, l’obiettivo è che le persone stiano meglio…Ma lo scopo ultimo è di dare risposte comuni a queste domande fondamentali: che cosa è il lavoro per un essere umano? Da quali lati si situano l’alienazione e l’emancipazione? Quali sono i significati e la finalità della produzione?... il lavoro non è mai un arredo né un ambiente. Impegna la soggettività tutta intera. Non è mai neutro rispetto alla salute dell’individuo…” (Dejour C., Si può scegliere: soffrire a lavoro non è una fatalità, Moretti&Vitali, Bergamo, 2021, 81-82). Dobbiamo sostenere un cambio di paradigma che, al contrario di quanto accade oggi, veda l’Azienda come strumento attraverso il quale il Professionista, vero protagonista, si esprime e raggiunge l’obiettivo salute, a vantaggio proprio e dei cittadini che a lui si rivolgono.

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