Dicono di noi
04/02/2021

Difendiamo il capitale umano: serve impegno collettivo per la sanità. PANORAMA DELLA SANITA' 

​Il futuro della sanità può nascere solo da impegno collettivo. È tempo di comprendere che il lavoro dei medici ospedalieri e dei dirigenti sanitari reclama, oggi e non domani, un diverso valore

Intervento di Carlo Palermo, Segretario Nazionale Anaao Assomed
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L’epidemia da Covid-19 ha sottoposto la sanità, in Italia e nel mondo, ad un tremendo stress test, generando una domanda imponente di cure e di interventi sanitari sia a livello territoriale che ospedaliero. Tutte le carenze strutturali del nostro SSN legate ad un disgraziato decennio di costante sotto-finanziamento sono state ulteriormente rimarcate, risultando evidenti anche a coloro che per troppo tempo hanno preferito non vedere. 

L’elenco delle criticità è purtroppo lungo: il personale carente a causa del blocco del turnover; la falcidia delle Unità operative, tra cui anche quelle di Malattie infettive e Pneumologia; i posti letto tagliati nella rincorsa ad un cieco efficientismo; l’obsolescenza delle tecnologie per il blocco degli investimenti in conto capitale; la vetustà degli Ospedali molti dei quali costruiti più di 70 anni addietro; l’inadeguatezza organizzativa del territorio che non ha permesso di rilevare precocemente il rischio epidemico. 

Nella catastrofe epidemica, il valore e il ruolo del capitale umano ha brillato di luce propria. Solo lo straordinario impegno, l’abnegazione, il senso del dovere dei medici, dei dirigenti sanitari e di tutto il personale sanitario ha permesso di contrastare, per quanto possibile, le conseguenze negative dell’epidemia innalzando il grado di resilienza del SSN. Anche se avessimo a disposizione ulteriori 6.000 posti letto intensivi, come prevede il DL “Rilancio”, tutti accessoriati con sofisticati monitor multiparametrici e ventilatori di ultima generazione, servirebbero a ben poco senza specialisti e infermieri qualificati e non garantirebbero una chance di sopravvivenza ai pazienti con grave insufficienza respiratoria da Covid-19.

Ed è proprio questo capitale umano che va difeso. Come? A incominciare da una vera riforma della formazione post laurea che superi i disastri del passato nella programmazione dei fabbisogni e che persegua la formazione sul campo nella rete ospedaliera pubblica, in modo da permettere quella osmosi tra generazioni professionali diverse e quel trasferimento di competenze professionali e capacità tecniche che sono alla base dello sviluppo delle conoscenze necessarie per migliorare la qualità e la sicurezza delle cure. Non è più possibile accettare che le sorti di una sistema cruciale per la vita sociale ed economica del nostro Paese come quello sanitario dipendano dalle scelte di un Ministero diverso rispetto a quello della Salute. Ministero, quest’ultimo, che deve riacquistare un forte ruolo di indirizzo e di controllo delle politiche regionali perché l’Italia diventi meno diseguale nella erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza. Anche il ruolo dei dirigenti medici e sanitari all’interno delle aziende deve cambiare affermando come pilastro gestionale irrinunciabile quello del “governo clinico”, uscendo da inquadramenti giuridici e da logiche monocratiche e manageriali che si sono dimostrate fallimentari perfino nel mantenimento degli equilibri di bilancio, perseguiti tenacemente e tragicamente attraverso la riduzione della offerta sanitaria, causa della crescente difficoltà dei cittadini nell’accesso alle cure e delle criticità osservate durante le fasi epidemiche. 

Per i dirigenti sanitari del SSN, tramontata la retorica degli eroi, tutto sarà peggio di prima se la rivoluzione copernicana non parte da un Piano Marshall dedicato, una svolta in sette punti:

1. migliorare le condizioni del lavoro ospedaliero e ricostruire un sistema che privilegi, anche per la carriera, i valori professionali rispetto a quelli organizzativi e aziendali; 

2. aumentare le retribuzioni, detassando gli incrementi contrattuali e il salario accessorio, compensando il rischio contagio, incrementando le voci contrattuali specifiche per ridurre il gap con gli stipendi che offrono i paesi dell’Europa occidentale; 

3. attribuire un nuovo stato giuridico alla dirigenza sanitaria, nel segno della dirigenza “speciale”, e riconoscere il loro ruolo peculiare attraverso forme di partecipazione ai modelli organizzativi ed operativi; 

4. introdurre il contratto di formazione/lavoro per gli specializzandi e riformare la formazione post laurea, divenuta vera emergenza nazionale, terreno di coltura per il neocolonialismo delle Scuole di medicina nei confronti del mondo ospedaliero; 

5. attuare politiche di assunzioni che recuperino i tagli del passato, come ci chiede la UE, escludano il precariato, eterno e non contrattualizzato, e riducano la eterogeneità nei rapporti di lavoro ospedaliero;

6. completare la legge sulla responsabilità professionale con il passaggio ad un sistema “no fault” sul modello europeo;

7. assumere il contratto di lavoro come strumento di innovazione del sistema e di governo partecipato.

Una politica senza visione, e senza attenzione per i professionisti sanitari, che confidi solo nei bassi salari e negli strumenti della cultura aziendalistica, è destinata ad affossare il (fu) sistema sanitario (nazionale) migliore del mondo. 

È tempo di comprendere che il lavoro dei medici ospedalieri e dei dirigenti sanitari reclama, oggi e non domani, un diverso valore, anche salariale, diverse collocazioni giuridiche e diversi modelli organizzativi, che riportino i medici, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato. Il futuro della sanità può nascere solo da un impegno collettivo, da un confronto e un dialogo con le istituzioni per condividere un progetto comune. Noi siamo pronti.

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