Area stampa
12/07/2016

Labirinto medici&pensioni. Una bussola per i medici tra Enpam, Onaosi, Inpdap, "quote A e B" - a cura di Matteo D'Arienzo (Responsabile AG Emilia Romagna) su Sole 24 Ore Sanità n. 26/2016

Breve vademecum per orientarsi nel ginepraio del sistema pensionistico, per capire chi sono e cosa fanno gli istituti demandati ultile a coloro che sono prossimi alla pensione (che il calcoli li hanno già fatti). per chi ha più o meno tempo davanti e per chi il posto deve ancora conquistarselo.

INPS, INPDAP, ENPAM, INPS Gestione separata…non ci capisco nulla! Io medico dipendente a quale cassa devo versare i soldi per la mia pensione?
L’ente previdenziale di tutti i medici è l’Enpam.
I dipendenti pubblici sono obbligatoriamente iscritti anche all’Inps (ex-Inpdap).
I medici in formazione specialistica sono obbligatoriamente iscritti anche all’Inps gestione separata.
Tutte le altre categorie versano i contributi in specifici fondi Enpam.

Che cos'è l’ENPAM?
E' una Fondazione di diritto privato, senza scopo di lucro, costituita per assicurare previdenza ovvero pensione e assistenza ovvero sussidi straordinari a favore dei suoi iscritti medici, dei loro famigliari e superstiti. Istituito nel 1932 con decreto regio ”Istituto di previdenza dei medici italiani”, trasformato nel 1965 in Ente di diritto pubblico “Ente nazionale previdenza assistenza medici”, modificata con decreto legge n° 509 del 1994 nell'attuale Fondazione privata.

Perché devo pagarne i contributi, a cosa serve?
L'articolo 38 della Costituzione italiana sancisce che i lavoratori hanno diritto che siano previsti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortuni, malattie, invalidità, vecchiaia, disoccupazione involontaria. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti (Enpam, Inps ecc.) predisposti e integrati dallo Stato. Quindi l'art. 38 racchiude l'obbligo delle due impostazioni assicurative pensionistica e assistenziale. Obiettivo istituzionale dell'Enpam è quello di sostenere la solidarietà tra generazioni successive in un patto che si proietta nel tempo, ovvero “chi lavora paga con la sua contribuzione la pensione a chi ha cessato di lavorare, maturando così il diritto allo stesso trattamento quando a sua volta cesserà dal lavoro”. Compito dell'Enpam è di mettere a reddito i contributi sia obbligatori che volontari versati dagli iscritti e il patrimonio per erogare, una volta maturati i requisiti, le prestazioni previdenziali e assistenziali.

Chi sono i contribuenti?
Tutti i medici in quanto tali e in quanto iscritti all'Ordine professionale ognuno per il proprio Fondo.

Quota A. Quota B. cosa sono?
La quota A e B costituiscono il Fondo Generale dell'Enpam. La quota A comprende tutti i medici che si iscrivono obbligatoriamente e contestualmente all'iscrizione all'Ordine con versamento di contributi annuali, indicizzati all'Istat e per scaglioni di età; la quota B viene versata in base al reddito derivante dalla libera professione, compresa quella intramoenia dei medici dipendenti ed i redditi derivanti da partecipazione ad attività scientifiche, con contributi proporzionali sul reddito.

Qual è la percentuale sui redditi libero professionali da destinare alla quota B?
In linea di massima:
-    Aliquota intera: i libero professionisti puri e i dipendenti pubblici in extramoenia verseranno il 14,50% del reddito libero-professionale netto sino all’importo di € 100.323,52, e 1% sul reddito eccedente tale limite, di cui solo lo 0,50% pensionabile
-    Aliquota ridotta: i medici dipendenti in intramoenia verseranno il 2% del reddito libero-professionale netto sino a € 100.323,52 e l’1% sul reddito eccedente tale limite, di cui solo lo 0,50% pensionabile. Tale quota ridotta va richiesta esplicitamente all’Enpam, pena applicazione dell’aliquota intera!
È importante ricordare che esiste una “No tax area” se il reddito libero professionale netto, prodotto nell’anno 2015, non è superiore a:
- € 5.268,69 annui per gli iscritti attivi di età inferiore a 40 anni, ovvero ammessi al contributo ridotto alla “Quota A”;
- € 9.730,34 annui per gli iscritti attivi di età superiore a 40 anni.

E' una previdenza facoltativa o obbligatoria?
E' obbligatoria perché sancita dalla Costituzione, inoltre l'obbligo contributivo al Fondo A (sentenza n° 707/88 e 88/95 della Corte Costituzionale) scaturisce dalle “superiori esigenze della solidarietà sociale” rispetto a utilità soggettive e individuali per cui l'onere della contribuzione è giustificato semplicemente dal potenziale esercizio dell'attività libero professionale connesso all'iscrizione all'albo. E' il fondo “storico” dell'Enpam, presupposto giuridico sul quale si fonda la Previdenza Medica e dal quale sono poi sorti il Fondo generale della libera professione quota B e i Fondi Speciali.

Io sono dipendente pubblico e sono iscritto all'INPS; perché devo essere iscritto all'ENPAM?
Per obbligo costituzionale e per solidarietà generazionale. Con i regolamenti e le norme in vigore fino al 2013, 1000 euro investiti in contribuzione Enpam rendono 90 euro in pensione annua, mentre 1000 euro in contribuzione Inps rendono 54 euro in pensione annua. Con la riforma approvata nel 2013, al fine di garantire l'equilibrio gestionale per almeno 50 anni, come richiesto dal decreto “salva Italia”, la rendita di 1000 euro di contribuzione è stata ridotta a 61 euro di pensione, comunque sempre più vantaggiosa rispetto ai 54 dell'Inps.
È importante ricordare che se non ci fosse la Quota B dell’Enpam, i medici dipendenti dovrebbero versare alla gestione separata Inps i loro contributi previdenziali derivanti da reddito libero professionale, con una aliquota del 24% (+22% rispetto a quella Enpam ridotta!).
Infine, dal 01/01/1998 agli iscritti a tutti i Fondi Enpam, nella sventurata e malaugurata evenienza di invalidità assoluta e permanente, è garantito un importo pensionistico complessivo minimo annuo di 14.613 euro indicizzati al 100% delle variazioni Istat. La reversibilità della pensione a favore del consorte superstite per Enpam é pari al 70% di quella spettante al titolare, indipendentemente dall'eventuale reddito del superstite, per l'Inps e pari al 60% e si riduce in proporzione al reddito del superstite.

Sento dire da alcuni Colleghi che per i dipendenti pubblici sono soldi buttati via. E' vero?
Non è vero per le motivazioni già addotte; non sono soldi buttati via, ma un investimento in termini previdenziali: i contributi versati verranno erogati sotto forma di pensione in aggiunta a quella Inps, una volta maturati i requisiti. Certo può dare fastidio pagare Inps ed Enpam assieme, ma la Corte Costituzionale si è già espressa due volte in merito, sancendo e rimarcando l’obbligo della doppia contribuzione per il medico dipendente pubblico. Quindi, volenti o nolenti, è obbligatorio per legge. Inoltre i contributi previdenziali versati al Fondo Generale dell’Enpam (quindi quota A ed eventuale quota B) sono fiscalmente deducibili dal reddito, generando anche un risparmio nel presente.


Io dipendente pubblico devo pagare anche l’ONAOSI: che cos’è, una nuova tassa?
Fortunatamente non è una nuova tassa! L'Opera Nazionale per l'Assistenza agli Orfani dei Sanitari Italiani è un Ente senza scopo di lucro nato da un'idea di un medico di Forlì, Luigi Casati, che nel 1874 la illustra al Primo Congresso Nazionale dei Medici Condotti a Padova.
Rappresenta una sorta di «assicurazione sulla vita» a basso costo, per garantire l’istruzione ai propri figli se malauguratamente dovessimo venire a mancare.
Tutela dunque gli orfani dei sanitari, principalmente permettendogli la prosecuzione degli studi con l’elargizione di borse di studio annuali.
Dal 1° gennaio 2007, non sussiste più l’obbligo di iscrizione e contribuzione per i medici non dipendenti da Enti pubblici, quali ad esempio i liberi professionisti.
Permane l’obbligo per i medici dipendenti pubblici al costo di circa 7 euro netti al mese.
E’ possibile l’iscrizione volontaria  entro 5 anni dall’Iscrizione all’Albo.

I medici più anziani continuano a consigliarmi il “riscatto di laurea” INPS: ma che cos’è?
Il riscatto degli anni di laurea ai fini pensionistici Inps è una metodica per innalzare gli anni di contribuzione e il monte contributivo totale, così da ottenere la possibilità di andare in pensione prima “per anzianità” e per aumentare la quota contributiva con il quale andare in pensione (col sistema contributivo puro più si versa, più si avrà di assegno).
E’ molto costoso e più si attende, più diventa oneroso (sono circa 35000 euro se si fa domanda subito dopo la laurea, ma rateizzabili in 10 anni e interamente deducibili dal reddito ai fini Irpef).
Potrebbe essere conveniente in un’ottica di pensionamento per anzianità, ma le regole potrebbero cambiare molte volte nei lunghi anni verso la pensione, soprattutto se si è giovani…
Col sistema contributivo bisogna considerare il riscatto di laurea come un investimento: a seconda dell’andamento del Pil italiano, il montante contributivo (cioè quanto versato per la pensione) potrà rivalutarsi o rimanere tale e quale. Attenzione, inoltre, all’inflazione: se il Pil fosse molto basso e l’inflazione alta, il montante contributivo si svaluterebbe rovinosamente.
La regola d’oro è: chiedere il riscatto appena laureati, quando ancora non si ha reddito, perché la quota richiesta dall’Inps è la più bassa possibile.

Retributivo, contributivo, contributivo misto…che significa?
Per il raggiungimento della pensione sono attuabili due tipologie differenti di calcolo applicato: retributivo e contributivo. Nel sistema retributivo verrà calcolata la nostra pensione in misura percentuale, in rapporto alla media di retribuzione percepita durante gli ultimi anni di lavoro, mentre nel sistema contributivo pensionistico, tale calcolo verrà attuato basandosi sull'ammontare totale dei contributi versati nell'arco dell'attività lavorativa.
Il sistema retributivo si basa su tre elementi: l'anzianità contributiva, la retribuzione o il reddito pensionabile, l'aliquota di rendimento (pari al 2% alla retribuzione/reddito pensionabile che rientrano in alcuni limiti, che poi decresce). Il sistema contributivo tiene in considerazione più elementi. Si parte dalla retribuzione annua/redditi conseguiti; è necessario calcolare ogni anno i contributi, determinare il montante individuale e applicare ad esso il coefficiente di trasformazione, che varia in funzione dell'età del soggetto al momento della pensione.
I campi in cui si applica l'uno o l'altro sistema o anche un sistema misto tra i due, dipendono dall'anno in cui è entrata in vigore la nuova legge e dalla situazione retributiva del lavoratore in quel periodo. I lavoratori che prima del 31 dicembre del 1995 avevano già versato diciotto anni di contributi, rientrano nel sistema di pensionistico con calcolo basato sulla retribuzione, ovvero nel sistema retributivo. Coloro che, invece, entro la stessa data (quindi dal 1 gennaio 1996), non hanno raggiunto i diciotto anni di contributi versati prestabiliti dalla legge, rientrano nel sistema pensionistico contributivo. In altri casi verrà applicato il sistema definito "pro - rata", ossia un misto tra le due tipologie di calcolo pensionistico.

Cos’è la previdenza complementare?
E’ una forma di previdenza integrativa per aumentare la propria futura pensione Inps. Rappresenta un vero e proprio investimento per il futuro.
Esistono vari enti o assicurazioni che la offrono. I contributi versati alla previdenza complementare sono interamente deducibili dal reddito fino a 5164,57 euro/anno.
La regola d’oro è: prima si comincia il versamento previdenziale complementare, più alta sarà la pensione integrativa.

Allegati
Altri articoli

Segreteria Nazionale sede di Roma
Via San Martino della Battaglia, 31 - 00185 ROMA
Telefono 064245741 - Fax 0648903523
segreteria.nazionale@anaao.it - segreteria.nazionale@anaao.postecert.it