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01/10/2023

Pronto dottore? Risponde il vuoto dei camici bianchi - Anaao su LA REPUBBLICA

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La sanità pubblica italiana è in affanno, i dati parlano chiaro. Attese di mesi - parecchi, anche un anno per visite ed esami, strutture ospedaliere troppo spesso fatiscenti, corridoi affollati di barelle per gli ultimi ricoverati. A cui si somma un’endemica carenza di personale, sia medico che infermieristico. Secondo l’ultimo rapporto del Crea (Centro per la ricerca economica applicata in sanità) specializzazioni come la Medicina di comunità e delle cure primarie e Medicina di emergenza e urgenzaraggiungono rispettivamente il 75 e il 57 per cento di posti vacanti. Mentre nel solo 2021 si calcola che ci siano stati almeno tremila medici dimissionari, con un parallelo incremento della quota degli stessi nelle strutture private.

Si lamentano stipendi più bassi della media europea, turni massacranti soprattutto nel settore delle urgenze che, non a caso, registra numeri sempre più al ribasso tra gli specializzandi. La situazione diventa ancora più complicata se si considera il nutrito numero di camici bianchi che andrà in pensione nei prossimi anni, creando la cosiddetta gobba pensionistica, ovvero il mancato allineamento tra chi abbandona il servizio e chi entra in forze. Il Mur (Ministero dell’università e della ricerca) quest’anno ha deciso di aumentare ancora il numero di posti disponibili per Medicina - facoltà a numero chiuso - arrivando a quota 19mila.

Eppure, secondo Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, è un provvedimento che ancora non coglie nel segno. «Oggi mancano circa 15mila medici specialisti, e se tutto va bene tra cinque anni dovremmo trovare un equilibrio. Ma il punto è proprio questo “se”, perché quando si aumentano le iscrizioni si deve prevedere anche un incremento nelle scuole di specializzazione, altrimenti si va incontro all’imbuto formativo. E non mi pare che ci stiano pensando», spiega Di Silverio. «Noi stiamo pagando i pesantissimi tagli fatti alla sanità pubblica, con gli stipendi che in dieci anni hanno avuto un aumento pari solo alla metà del tasso inflattivo», rincara il sindacalista, «quando nei reparti dobbiamo seguire singolarmente fino a 120 pazienti, sempre con la paura di una denuncia in arrivo».

In Italia infatti l’errore del medico è passibile di denuncia penale, con il risultato che ogni dodici mesi se ne contano più di trecentomila (che nel 97 per cento dei casi si risolvono con un’assoluzione). «Succede solo da noi, in Polonia e nel Messico. Certo, se c’è dolo va sanzionato, ma bisognerebbe depenalizzare in favore della responsabilità civile, per evitare anche la cosiddetta “medicina difensiva”, cioè l’eccesso di esami che vengono prescritti e che intasano ancora di più le strutture ». Il ministro della Salute Schillaci ha annunciato di voler procedere alla riforma. Intanto, molti passano al privato o scelgono di andare all’estero.

«La mia è una delle professioni più belle del mondo, ciò nonostante, quando l’anno prossimo andrò in pensione so già che sarà difficile sostituirmi: oggi per un neolaureato cominciare da zero è più difficile ». Vincenzo Casieri ha lavorato per 40 anni come medico di famiglia, e da altrettanti milita nella Fimmg, il sindacato di categoria.

«Non ho mai avuto uno stipendio, noi siamo dei liberi professionisti con tutte le spese a carico, dall’affitto dello studio in poi. Niente malattie o ferie: quando si va in vacanza bisogna pagarsi il sostituto. Il guadagno si basa sul numero dei pazienti, che il Ssn ci paga un tot a persona. Io ne ho quasi 1500, un numero per sopravvivere dignitosamente. Alcuni arrivano grazie alla Asl di zona, ma la maggior parte li devi trovare da solo».

Il bello è che con loro si stabilisce un rapporto fiduciario, «alcuni li conosco da quando erano bambini, con me si confidano, ed è grazie a questo che posso fare diagnosi più accurate, capire ad esempio se il mal di testa dipende da un disturbo neurologico o se è solo stress. Adesso però ci hanno riempiti di incombenze tecnologiche, fiscali, siamo diventati dei burocrati, le giornate sono lunghissime».

Per Casieri bisognerebbe aumentare le tariffe per i pazienti, arrivando al massimo a 800: «Il numero giusto per poterli seguire bene altrimenti è frustrante. E far funzionare davvero gli ospedali di comunità, cambierebbero molte cose». Di questo se ne sta occupando il ministro Fitto, che rispetto al piano iniziale però ha già previsto un consistente taglio del 25 per cento.

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