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06/09/2021

Trentamila vittime indirette del virus. Intervista su IL TIRRENO

Una crescita di decessi legati a patologie cardiache, oncologiche e chirurgiche contestualmente al ricovero, specialmente nelle terapie intensive, dei pazienti Covid. In tutto questo, due auspici: che non si ripresenti più una situazione del genere e che, in qualche mese, si riescano a "smaltire" le lista di attesa straripanti di esami e interventi arretrati. Il punto della situazione è del dottor Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaoo assomed, associazione medici dirigenti.

Dottore, di recente ha fatto un' analisi sui dati della mortalità in Italia. Che cosa è emerso?
«Basandosi sui dati Istat risulta che, rispetto alla media della mortalità nel quinquennio precedente, nel 2020 ci sono 100mila morti in più. Di queste, una percentuale intorno al 30 per cento è riconducibile a malattie che non riguardano il Covid».

Di che malattie si tratta?
«Sono malattie oncologiche, cardiocircolatorie, neoplastiche o legate a patologie chirurgiche acute. Sto parlando, per esempio, di miocarditi o ictus. Ma anche di interventi chirurgici rimandati nel tempo che hanno generato problemi. Per fare un esempio: una perforazione che arriva tardi in ospedale può generare complicazioni».

Quali sono secondo lei le cause di tutto questo?
«Vi sono stati due fenomeni. Durante l' ondata primaverile e quella autunnale della pandemia i tassi di occupazione dei letti di emergenza sono stati alti e questo ha determinato una difficoltà di accesso alle cure. Ci sono state difficoltà a espletare interventi in tempi brevi perché il sistema di emergenza era impegnato sul versante Covid.

Poi c' è stata la paura da parte degli utenti, perché l' ospedale era visto come il luogo del contagio e quindi non chiamavano subito il sistema di emergenza e urgenza, ma magari si decidevano solo alla fine. E in casi di infarto miocardico o ictus ischemico la tempistica di intervento è fondamentale».

Poi ci sono state tante operazioni o esami diagnostici rimandati...
«Esatto».

C' è una stima di quante prestazioni sanitarie siano state rinviate durante il periodo del Covid?
«Secondo Fondazione Italia in Salute nel 2020 almeno dieci milioni di persone, in Italia, sono state costrette a rimandare un esame, banale o importante che fosse. Per esempio Tac, risonanza, ricovero o interventi chirurgici. C' è stato poi qualche ritardo nel settore oncologico. E questi ritardi si portano un carico di peggioramento della prognosi e un aumento della mortalità. Perché una lesione che avrei potuto scoprire in fase iniziale me lo ritrovo in fase più avanzata. E, in tutto questo, c' è una mole immensa di interventi da recuperare».

Quanto tempo ci vorrà a recuperare tutto?
«Negli ospedali la riprogrammazione è già partita. Bisogna riprendere in mano tutte le liste a disposizione. E bisogna lavorare con una certa intensità per recuperare tutto ciò che si è accumulato. Questo richiede dai sei mesi a un anno di lavoro. Bisogna ripartire cercando di evitare una nuova ondata dioccupazione di posti letto».

Qual è la preoccupazione?
«Anche per affrontare gli interventi arretrati abbiamo necessità di posti letto liberi in rianimazione e rischiamo di averli occupati da malati Covid che hanno rifiutato il vaccino. Per adesso la situazione nelle rianimazioni è abbastanza gestibile e, grazie al vaccino, i letti in terapia intensiva sono ancora accessibili. Non vorremmo trovarci a rivivere quello che abbiamo vissuto tra marzo e aprile del 2020».

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