leggi l'articolo integrale (QUOTIDIANO NAZIONALE del 24 marzo 2021)
L’incubo ritorna. Come la scorsa primavera le terapie intensive e sub-intensive, e i letti di area medica Covid, stanno saturandosi giorno dopo giorno. La percentuale nazionale delle terapie intensive è al 39% e quella delle aree non critiche è al 43%. Ma c’è chi sta peggio. Per le 'intensive’ le Marche sono al 61%, la Lombardia al 59%, la provincia di Trento al 58%, il Piemonte al 55%, l’Emilia-Romagna al 52%, l’Umbria al 48%, il Friuli al 47%, la Toscana al 40%, la Puglia al 39%. Considerato che la soglia di allarme è al 30%, è detto tutto.
"Aumenteremo del 115% i posti letto e nelle terapie intensive, assumeremo medici e infermimeri" prometteva il ministro della Salute Roberto Speranza lo scorso maggio. Facendo intravedere un 2021 sereno. Ma la narrazione tranquillizzante non si è tradotta in atti adeguati e gli ospedali, un anno dopo, sono ancora sotto pressione. "È stato un anno difficilissimo – dice oggi lo stesso Speranza – ed è ancora dura. Negli ospedali c’è ancora tantissima pressione". Le misure di un intero anno non sono bastate a ridurla, probabilmente perché, a differenza della narrazione del governo Conte, è stata sprecata l’estate quando si potevano potenziare gli ospedali e la sanità territoriale e lo si è fatto solo in parte.
L’apparenza, inganna. Basti pensare che stando ai dati ufficiali dell’Agenas (l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), i letti di terapia intensiva sono passati dai 5.179 pre Covid a uno stratosferico 9.063 oggi (più ulteriori 867 attivabili), con un aumento medio da 8.4 a 15 letti ogni 100 mila abitanti. Possibile? Secondo Agenas, il Veneto è passato da 10,1 a 20,4 letti per 100 mila abitanti, l’Emilia-Romagna da 10,1 a 17,1, la Lombardia da 8,5 a 14, la Toscana da 9,2 a 16,3, le Marche da 7,6 a 15,7, la provincia di Bolzano è balzata da 7 a 18,8, il Lazio da 9,6 a 16,1, la Campania da 5.8 a 10,7.
Tutti fenomeni? Purtroppo le terapie intensive, con numeri assolutamente analoghi a quelli della primavera scorsa, sono di nuovo in ginocchio. I posti in più non sono bastati a togliere le castagne dal fuoco. Dalle Molinette di Torino, al San Pietro di Roma, dal Sacco di Milano al Sant’Orsola di Bologna la musica è la stessa. Tra gli addetti ai lavori c’è la convinzione che l’aumento dei letti a disposizione ci sia effettivamente stato, ma in realtà sia meno scintillante di quello che dicono le statistiche ufficiali.
►"Ho parecchie perplessità sui posti letto di terapia intensiva riportati sul sito dell’Agenas su dati del Ministero della Salute – osserva il dottor Carlo Palermo, presidente dell’Anaao-Assomed –. Che ci sia stato un incremento di posti letto è sicuro, ma che sia avvenuto in questi termini ho molti dubbi. Saranno stati attivati al massimo tremila letti aggiuntivi, superando di poco gli 8 mila letti".
"Come può il Veneto – prosegue il presidente del più grosso sindacato ospedaliero – essere passato dai 494 posti letto pre Covid agli attuali mille tondi tondi? E con quale personale, visto che non risultano tante assunzioni?". Non ci sono, dice. "E quindi – conclude Palermo – non metto in dubbio che i novemila posti letto di terapia intensiva siano stati creati, ma credo che non siano realmente operativi. I letti sono tali se sono fatti funzionare dal personale. E il problema è che mancano almeno 3.100 medici e molti più infermieri".
Dal fronte degli infermieri si confermano le perplessità. E si fanno cifre importanti. "Anche a nostro avviso – osserva Silvia Scelsi, presidente dell’Aniarti, il sindacato nazionale degli infermieri di area critica – i posti in rianimazione sono certamente aumentati, ma i letti realmente disponibili sono meno di novemila, probabilmente attorno a 8 mila. Ma quei letti qualcuno deve saperli usare, è un problema di competenze. Manca il personale per farli funzionare tutti. Certo, sono stati immessi degli infermieri, spesso senza esperienza specifica o appena laureati, ma la realtà è che oggi tuttora mancano dai 15 ai 17 mila infermieri di area critica, con i posti letto attuali".
"Si poteva agire con più decisione la scorsa estate – prosegue – ad esempio mantenendo nell’area intensiva gli infermieri che erano stati trasferiti a primavera e che sono stati riportati nelle aree di appartenenza pensando che l’emergenza fosse finita e che serviva si potevano richiamare. Errore grave. Se fossero rimasti nei reparti Covid avrebbero affrontato più preparati l’emergenza che è riesplosa e continua a fare migliaia di morti".
►La disperata ricerca di personale specializzato ha poi avuto un altro effetto secondario, quello di ridurre drammaticamente gli spazi per i malati non Covid. "È grave – rincara la dose Palermo di Anaoo Assomed – che sotto la spinta dell’emergenza per reperire anestesisti rianimatori si siano ridotte fortemente le attività delle chirurgie, limitandole spesso alle sole urgenze e che si siano sostanzialmente espulsi migliaia di malati non Covid dai percorsi di cura. Questa è una cosa molto grave che pagheremo successivamente, al pari del blocco della prevenzione, con un aumento della mortalità". Un’altra terribile eredità dell’epidemia di Covid 19.