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03/03/2021

Essere precari stanca. Di Silverio su Dirigenza Medica 2/2021

Articolo di Pierino Di Silverio, Responsabile Nazionale Anaao Giovani
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Correva l'anno 2017. Anno storico, a suo modo, per la dirigenza medica e sanitaria. Viene emanato, il dgls.75, un decreto legge che sembra poter assestare un colpo mortale al precariato medico, per anni disquisito, ma mai realmente affrontato come vero problema.
Seppur inizialmente avesse escluso i dirigenti in toto, recuperati poi con una circolare del Ministro Madia, tale decreto rappresenta la pietra miliare dell’esaurimento del precariato medico in Italia.
Secondo tale decreto infatti i dirigenti medici e sanitari che abbiano maturato, inizialmente al dicembre 2017, poi al 2019, infine al 2020, almeno tre anni di servizio con contratti di tipo subordinato, possono essere stabilizzati direttamente dalle amministrazioni. E i dirigenti medici e sanitari che invece i tre anni li hanno maturati con contratti atipici, hanno il diritto di partecipare a concorsi indetti dalle Aziende in cui il 50% dei posti è riservato. Tale decreto non risente di eventuali piani di rientro.
Ma il dato forse di maggiore importanza è che le Aziende non possono liberamente scegliere di non stabilizzare ma, come esplicitano sentenze del Consiglio di Stato, del TAR e circolari ministeriali, devono motivare adeguatamente la scelta di preferire un concorso ex novo alla stabilizzazione del personale precario avente diritto (Consiglio di Stato n. 14 del 28 luglio 2011; T.A.R. Abruzzo l’Aquila, Sez. I, n. 272 del 24 maggio 2019; Circolare n. 3/2017 del Ministero della Semplificazione).

Ma era davvero necessaria una legge del genere? A rispondere ci sono i dati. Basti pensare che fino al 2017, secondo la Corte dei Conti, il lavoro precario in sanità forniva numeri preoccupanti. Un aumento, dal 2012 al 2017, di medici assunti a tempo determinato fino a sfiorare quota 10000, (9265).
Un aumento del 37,6% delle assunzioni attraverso tipologie di lavoro flessibile, con parallela riduzione delle assunzioni a tempo indeterminato di 26000 unità in tutto il settore sanitario (-3000 per i soli medici).
A tale quadro ha sicuramente contribuito quel pasticciaccio brutto dei piani di rientro per le Regioni ‘canaglia’, volti ad acuire invece che stemperare le differenze tra regioni, e di cui paghiamo ancora oggi le conseguenze drammatiche in termini di equa offerta sanitaria ospedaliera e territoriale.
In tal senso, quella conosciuta oggi come legge Madia accende una flebile speranzosa lucina in fondo al tunnel del precariato in cui hanno vissuto migliaia di colleghi per anni, ed in cui ahimè vivono ancora oggi troppi colleghi.
E alla fine…arriva la pandemia Covid- 19. Emergono le difficoltà ed i limiti del nostro sistema sanitario depauperato per anni in termini economici e professionali, ed il Governo si rende conto che occorre un’iniezione di benzina, ovvero occorre assumere personale oltre che aumentare i posti letto.
Il Governo sembra però dimenticare d’improvviso la fatica decennale sostenuta per combattere il precariato e inizia a foraggiare, attraverso decreti d’urgenza, nuove assunzioni, (più di 23000 in sanità), prevalentemente però con forme di lavoro precario e flessibile e a termine.
Nel frattempo la legge Madia, viene derogata nell  sua applicazione.
E cosi oggi osserviamo due diverse realtà che convivono a fatica nei nostri nosocomi.
Da un lato del tornello migliaia di giovani e meno giovani colleghi, assunti in epoca Covid, che non hanno ad oggi (e non avranno domani) prospettive lavorative in quanto godono di contratti a tempo determinato (nella migliore delle ipotesi) non rinnovabili o di contrati di tipo co.co.co.(nella peggiore); dall’altra parte del tornello le sacche di precariato storico ancora non stabilizzato, che vengono definiti ‘vecchi’, ma in fondo sono poco più che quarantenni, da anni impelagati nel complesso macchinoso e poco comprensibile sistema burocratico e legislativo italiano, che oggi non riesce a comprendere fino in fondo che il precariato in sanità è una piaga reale, una palla al piede, un pesante ormeggio da tirar su per poter iniziare a navigare.
Tale piaga rischia di diventare cronica ed allargarsi oltremodo anche alla luce dei nuovi decreti (14/2020), che, in epoca pandemica, consentono alle Regioni di aumentare i posti letto.
Tale piaga rischia di cronicizzare ed infettarsi irreparabilmente alla luce della pandemia che ha messo in evidenzia tutte le carenze normative e organizzative di un sistema sanitario nazionale che,  mai come oggi, ha dimostrato di reggersi sulle spalle degli operatori più che su quelle dello Stato.
Sono ancora più di 2000 i precari nella sanità italiana, cui dobbiamo inevitabilmente aggiungere le nuove forme di precariato.
Più di 2000 colleghi che assicurano le cure quotidianamente, ma al contempo si vedono negata una stabilizzazione magari solo per qualche mese.
Occorre un cambiamento sostanziale di marcia e di paradigma.
In prima istanza la Legge Madia ha bisogno di diventare il mantra della lotta al precariato, eliminando di fatto limiti temporali al raggiungimento dei requisiti utili alla stabilizzazione.
In un mondo sanitario che oggi in preda al panico, per ragioni tempistiche, di opportunità, preferisce forme di assunzione a tempo anziché assicurare una prospettiva al sistema, occorre trovare soluzioni alternative.
Non è immaginabile, a fronte di un’esigenza di specialisti quanto mai chiara e vitale, continuare ad investire parzialmente negli stessi.
Non è oggi ammissibile pretendere dai professionisti che vivano per anni in un limbo che diventa oltre che lavorativo, professionale, con il rischio costante di essere sbattuti fuori dal sistema da un giorno all’altro.
Non vogliamo più assistere alle pietose questue in prossimità dei rinnovi, vissuti come un dono invece che come un sacrosanto diritto.
Questa ci appare una mistificazione di una realtà ben diversa.
Il rischio concreto è che, come nel mito della caverna di platoniana memoria, a furia di vedere una realtà distorta, o ombre della stessa, ci allontaniamo ogni giorno di più da quella che invece è la reale situazione del nostro sistema sanitario e lavorativo. Un giorno ci risveglieremo e tutto questo ci apparirà normale, perché sola possibilità.
A quel punto non riusciremo più a distinguere ciò che è realtà da ciò che è solo un ologramma della stessa alterato e modificato.

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