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19/02/2021

Dipendenti pubblici: sentenza della Corte dei Conti su incarichi esterni

Sentenza della Corte dei Conti – Sez. Giurisdizionale per la Regione Veneto – del 14.10.2020, N. 101

Commento di Raffaella Biasin, Responsabile Dirigenza Sanitaria Anaao Assomed Veneto

In seguito ad un esposto anonimo alla Corte dei Conti l’Ufficio requirente accertava come un pubblico dipendente avesse percepito somme per attività extra impiego in mancanza della relativa autorizzazione. La Procura della Corte dei Conti rilevava pertanto l’antigiuridicità della condotta del predetto dipendente, evidenziando che le norme impongono l’esclusività del rapporto di pubblico impiego (art. 53, co, 2, 7, 7bis d.lgs. 165 del 30.3.2001, art. 1,co. 5, l. 662/1996).

Ciò stante la Procura della Corte dei Conti invitava l’interessato a controdedurre, contestando allo stesso, a titolo di danno erariale, il totale delle somme percepite extra impiego in seguito alle attività non autorizzate e non riversate all’amministrazione di appartenenza.

La questione è stata quindi sottoposta al giudizio della Corte dei Conti finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa risarcitoria esercitata dalla Procura concernente un’ipotesi di danno erariale asseritamente patito dall’amministrazione datrice di lavoro del suddetto dipendente, conseguente alla sopramenzionata condotta illecita.

La Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la regione Veneto ha evidenziato che l’art. 53, comma 7, del d.lgs. 165/2001 contiene prescrizioni preordinate a garantire il proficuo svolgimento delle mansioni dei pubblici dipendenti attraverso il previo controllo dell’Amministrazione sulla possibilità, per il dipendente, di impegnarsi in ulteriori attività senza pregiudizio dei compiti d’istituto. La sua violazione può essere addotta come fonte di responsabilità amministrativa idonea a radicare la giurisdizione della Corte dei Conti.

Dagli atti di causa è emerso che il convenuto ha svolto attività non affidate dalla propria amministrazione di appartenenza, per i quali non ha mai chiesto l’autorizzazione.

E’ incontestato inoltre che le somme ricevute non sono mai state versate, a cura dell’erogante o, in difetto, dal percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente.

Alla luce di quanto sopra evidenziato la Corte dei Conti ha accertato che dalla condotta illecita del convenuto, consistente nello svolgimento di attività presso terzi non autorizzate e dall’omesso versamento delle somme ricevute è derivato il danno da mancata entrata.

La Corte dei Conti ha inoltre sottolineato il fatto che le norme in materia sono da ritenersi chiare circa la necessaria richiesta di un’autorizzazione per lo svolgimento di attività extra impiego da parte di un dipendente di una pubblica amministrazione e che le stesse non potevano essere ignorate dal convenuto.

Dall’esame degli elementi probatori in atto il Collegio ha pertanto rilevato nella fattispecie a carico del convenuto la “responsabilità erariale” riferita alla omissione del versamento delle somme ricevute (conseguenza, quest’ultima, che discende ex lege dalla inosservanza del precetto normativo concernente il divieto di erogare e di avvalersi di prestazioni non previamente autorizzate dall’amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico).

Alla luce delle suesposte motivazioni la Corte dei Conti (sezione giurisdizionale per la regione Veneto) in aderenza alla richiesta della Procura, ha condannato il convenuto, con sentenza del 14.10.2020, n. 101, al risarcimento del danno in favore dell’amministrazione, quantificato nel totale delle somme ricevute extra impiego, oltre interessi legali dovuti a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza fino all’effettivo soddisfo.

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