Previdenza
16/02/2021

Medici e libera professione, previdenze a confronto. SANITA'24

I sistemi previdenziali che interessano i medici sono sostanzialmente due: l’Inps, già Cassa pensioni sanitari, a ordinamento pubblico, e l’Enpam, la fondazione privatizzata nel 1996. Ricadono in questi due enti, all’Inps i medici dipendenti, e all’Enpam i medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale e i liberi professionisti. In verità tutti i medici in concomitanza della loro iscrizione all’Ordine sono, comunque, soggetti a una contribuzione alla Fondazione per ottenere un trattamento da un Fondo specifico definito Quota A.
Con l’introduzione della libera professione intramoenia anche i medici dipendenti sono stati obbligati, come i liberi professionisti “puri”, a contribuire, per i loro emolumenti da attività libero professionale anziché all’Inps a cui sono iscritti in qualità di dipendenti, all’Enpam, nel Fondo Quota B.
Questa situazione è stata spesso motivo di contrasto in seno alla categoria poiché alcuni ritenevano che fosse più vantaggioso che i contributi di questi emolumenti fossero assoggettati a contribuzione Inps anziché Enpam. Se forse, in passato, al momento della nascita della gestione separata dell’Inps, che dal 1996 raccoglie i contributi dei professionisti, questa condizione - vista la modesta contribuzione allora prevista del famoso 10% dei co.co.co. - potesse apparire migliore della contribuzione all’Enpam, con il tempo tale ipotesi appare sempre più discutibile.
Infatti con il passare degli anni l’aliquota contributiva Inps per i professionisti, definiti "senza cassa", si è andata accrescendo raggiungendo per il 2021 l’importo del 25,98 % per un massimale di 103.055 euro l’anno. All’Enpam il versamento previsto si è attestato invece al 19,50 per cento. Peraltro, fatto salva la condizione prevista dall’Enpam per i dipendenti del Ssn di poter produrre i contributi con una contribuzione ridotta al 2%, anche alla valutazione di quanto produrranno a livello pensionistico i contributi versati con l’aliquota intera nei due enti previdenziali si rileva con una evidente differenza.
Il sistema della gestione separata Inps prevede il calcolo pensionistico con il sistema contributivo per il quale al "montante", cioè quanto versato in tutto il periodo lavorativo, si applicano i coefficienti già previsti per i dipendenti. In pratica per coloro che dovessero andare in pensione al maturare dei 68 anni il coefficiente è del 5,772. Condizione che collegata ad un ipotetico montante di 100.000 darebbe un trattamento pensionistico di 5.772 uro annui. Questi coefficienti variano in relazione all’età del pensionando : minori per età inferiore ai 68 anni, lievemente superiori per età maggiore di tale limite.
Il trattamento pensionistico della Quota B dell’Enpam si determina, invece, applicando, al reddito medio annuo, ricostruito sulla base dei contributi versati, le aliquote di rendimento indicate nel Regolamento dell’Ente che, ancorché simili a quelle dell’Inps, per la differenza del sistema di riferimento del reddito, più vantaggioso rispetto a quello dell’Inps, danno un trattamento di circa 64 euro per ogni mille euro versati.
Altro aspetto favorevole è legato, poi, all’eventuale trattamento supplementare determinato da ulteriori versamenti successivi al pensionamento, che nell’Enpam viene determinato ogni anno, mentre nell’Inps il supplemento può essere richiesto per la prima volta dopo due anni dal pensionamento, mentre le successive richieste sono previste dopo almeno cinque anni dal precedente supplemento.

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