Dicono di noi
28/10/2019

L'orario di lavoro e le questioni irrisolte nel nuovo contratto. Ma è vero? In risposta alle preoccupazioni della Cimo. QUOTIDIANO SANITA'

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Gentile Direttore,
ho letto con vivo interesse le preoccupazioni della CIMO Fesmed espresse in una lettera al Direttore il giorno 21 di ottobre. Tuttavia vorrei puntualizzare alcuni degli argomenti da loro espressi. Un po’ di sana e virtuosa polemica ci sta bene.
 
Ci dovremmo chiedere, per iniziare, dov’era la CIMO quando Anaao e FEMS “battagliavano” in sede europea, ove era stata aperta una procedura di infrazione (su richiesta esclusiva di Anaao dopo le deroghe del 2008) presso la Commissione Europea per il riconoscimento della applicabilità della Direttiva europea 93/104/CE (poi 2000/34/CE) anche per i medici italiani? Purtroppo ho una memoria di ferro, l’argomento era stato discusso nel disinteresse di altri sindacati, nel 2007 e 2008 (Fiuggi: Stati generali della sanità).
 
Prevaleva allora la definizione datoriale di medico dirigente e quindi escluso dalla applicabilità (secondo l’art 17 comma 5 della 66/2003) che tutti o quasi avevano accettato senza discussione. Non mi ricordo di interventi particolari. Chi ha trasferito la querelle da richiesta sindacale a tutela della salute di lavoratori e pazienti costituzionalmente garantito (Sole 24 Ore Sanità, 2009)? Non certo CIMO. La risposta è comunque facile: Anaao Assomed.
 
Ovviamente non ci si deve lasciare andare a facili entusiasmi: il D. Lgs. 66/2003 se non “presidiato” attentamente mostra un “bifrontismo” e si presta ad una regressione delle tutele già in essere in Italia.
 
Questo perché, per un altro lapsus del legislatore, il tema del “non regresso” ex art 15 della Direttiva 2003/88/CE in Italia non è mai stato preso in considerazione: “La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli”. In sintesi, consentendo lo sfondamento della parte datoriale il D. Lgs. 66/2003 può divenire strumento “pericoloso”.
 
Quindi quello che ora viene citato come un patrimonio comune non rispettato, quasi fosse stata una gentile concessione della controparte, è diventato strumento importantissimo di difesa dei medici, forse il più importante degli ultimi 15 anni in considerazione della contrazione degli organici, solo grazie all’azione Anaao e della FEMS. Non occorreva certo essere preveggenti per intuire l’invecchiamento della categoria, la gobba pensionistica, la contrazione delle risorse, la difficoltà di sostenere turni mattino notte con 19-20 ore di lavoro su 24 con l’avanzare dell’età. Bene Anaao lo ha fatto, altri no.
 
Affrontiamo ora alcuni punti sollevati nella lettera.
 
1. L’articolazione dell’orario di lavoro su 5 o su 6 giorninon autorizza affatto turni di 7 ore e 36’ o di 6 ore e 20’: questi sono solo le medie teoriche delle due articolazioni ed hanno una valenza solo “amministrativa”. Quindi attenzione nessuno deve sentirsi autorizzato ad interrompere la propria attività una volta raggiunti tali “traguardi” orari, il messaggio può apparire fuorviante.
 
2. Tema delle 12 ore consecutive di servizio: CIMO Fesmed dovrebbe sapere quale sia l’ordine gerarchico di contratti di lavoro e leggi nazionali ed europee. Nessuno tema, la pausa deve essere presente automaticamente, senza bisogno di scriverlo, perché la norma europea “sbaraglia” qualsiasi azione riduttiva da qualsiasi livello provenga.
 
3. Pausa caffè: credo sia opportuno che venga da alcuni riletta la circolare n° 8/2005 del Ministero del Lavoro, art. 13, che prevede esplicitamente queste interruzioni. Tranquilli la pausa caffè, per chi lo beve, è salva. Per gli altri vanno bene anche le tisane o l’orzo.
 
4. La deroga al riposo per partecipare a riunioni ed a formazione obbligatoriava letta nei termini di concedere elasticità organizzativa ai Colleghi che vogliano partecipare a qualche evento di formazione e non altro. Affermare che non si comprenda come mai la riunione interrompa e la libera professione abbia dei limiti è capzioso. Infatti, da una parte al massimo ti addormenti, dall’altra puoi fare danni sul paziente (oltre che su te stesso e su eventuali collaboratori), paziente sul quale è manifesta una corresponsabilità dell’Azienda sanitaria che obbliga a misure restrittive. Non è così per coloro che lavorino in extramoenia, visto che accettano il rischio in prima persona e questa è una differenza non da poco sotto il profilo della responsabilità legale.
 
5. Nessun trucco sulle 4 ore di attività non assistenziali: la mezz’ora, così come era già in essere, si negozia con le procedure di budget. Quindi nessuno scippo. Un commento forse si sarebbe potuto fare sulla trasformazione di fatto di queste ore “libere” di aggiornamento che annualmente vengono devolute alle Aziende sanitarie. Ben pochi riescono ad utilizzare le circa 160 (140 se negoziata la mezz’ ora settimanale) ore annue che ne derivano. La difesa ed il presidio di queste ore è un punto fondamentale della trattativa locale. Già alcuni in passato hanno ottenuto di poter utilizzare 21 giorni/anno a questo scopo, altri si sono ingegnati per ottenere un conteggio separato delle ore di aggiornamento per documentare il dato che queste ore nella maggior parte dei casi diventano “cliniche” E’ come regalare un mese di lavoro al proprio Ente (che talora invece di essere riconoscente pone in atto strumenti di controllo poliziesco per contestare anche variazioni minime, minuti, della permanenza in ospedale).
 
6. La durata media massima dell’orario di lavoro settimanalecredo venga male interpretata. Gli argini sono si spostati a 6 mesi (ma lo stesso risultato la controparte poteva facilmente ottenerlo per semplice decreto ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.Lgs 66/2003) ma non vuol dire che possano essere superate le 48 ore settimanali per più di 6 mesi. Le 48 ore medie sono valutate non su paletti fissi (es Gennaio- Giugno) ma dinamici (da qualsiasi punto zero per i 6 mesi successivi). Entro tale periodo le prestazioni non potranno essere superiori a tale limite, che comprende orario ordinario e straordinario. Va comunque ricordato come il limite europeo per lo straordinario, ed è di questo che si parla, sia, in base all’art. art 5 comma 3 del D.Lgs 66/2003, di 250 ore/anno (circa 6 ore a settimana per 10 mesi circa di presenza): “In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso solo previo accordo tra il datore di lavoro ed il lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali”. Quindi nessun timore di superare, con un calcolo approssimativo, 400 ore di extra lavoro: ciò non è consentito.
 
7. Sicuramente il capitolo degli obiettivi di budget rappresenta uno scoglio perigliosoe da gestire perifericamente con estrema attenzione. Per prima cosa, non credo sia scritto in nessun luogo che gli obiettivi ordinari debbano corrispondere obbligatoriamente ad un incremento orario, anzi questi devono essere correlati alle risorse umane, finanziarie e strumentali messe a disposizione (art. 56, comma 1 del CCNL 16/18). Poi si devono evitare accordi che abbiano come tema principale la cessione di ore e non di attività, creando un ibrido ovvero uno straordinario travestito, quindi non in linea con nessuna delle disposizioni contrattuali (presenti e passate) e già valutato illegittimo dalla magistratura. Per completare il quadro, queste regole di fatto sono quelle vigenti nel precedente contratto con qualche “limatura”. Il riferimento è all’art. 65 comma 3 del CCNL 96, sepolto con rinvio in fondo al nuovo contratto (art. 94, comma 5), riferito ad “obiettivi prestazionali eccedenti l’orario dovuto” come è chiaramente citato nell’art. 24 ultimo periodo del CCNL 16/18. In sintesi, abbiamo limitato il tentativo di far passare come cogente su tutto il processo di budgeting una disposizione contenuta in un CCNL di più di 20 anni fa, esplicitamente riferita al periodo di passaggio dalle incentivazioni al lavoro per obiettivi.
 
8. Prestazioni aggiuntive: è del tutto ovvio che per loro definizione siano da effettuare al di fuori del debito orario annuale, fatte salve le tutele del riposo. Forse, ma lo spazio negoziale era nullo, si sarebbero potute modificare in modo incrementale le tariffe orarie.
 
9. Guardie in libera professione: anche queste fuori dal debito orario come in passato, è ovvio che non si possa percepire la quota prevista per l’attività istituzionale (100 Euro incrementabili in trattativa decentrata) ma la retribuzione per il turno extra orario ben lo compensa.
 
10. Pronta disponibilità: niente è deciso, non è nelle disponibilità dell’azienda, si rinvia alla valutazione del costituendo Comitato paritetico (ex articolo 6 bis) che ha peraltro potere ostativo. Possibilità non significa che si debba accettare per forza, i sindacati facciano il loro lavoro esprimendosi in una intersindacale forte e coesa trovando soluzioni condivise e che non rappresentino gli interessi di una singola sigla.
 
Credo che più di tutto, prima di lamentarsi di un presunto CCNL debole, ci si debba confrontare con i pericoli regressivi contenuti nel D.Lgs 66/2003, tutti evitati, e con anni di promesse datoriali mancate. I 3-4 mila medici promessi, dopo l’approvazione della L. 161/2014, probabilmente dovremmo farli cercare da “Chi li ha visti?” così come i finanziamenti correlati.
 
Niente è perduto dopo anni di fermo illegittimo, la macchina si è rimessa in moto. Esorto i Colleghi della CIMO Fesmed a dare il meglio di sé nella preparazione del contratto futuro 2019-2021 e a tralasciare critiche e polemiche che al momento appaiono, francamente, non solo inconsistenti ma anche poco utili rispetto alla necessità di difendere i medici e i dirigenti sanitari in una contrattazione decentrata importantissima per la concreta applicazione degli innovativi istituti conquistati nel CCNL firmato il 24 luglio.
 
Sergio Costantino
Direzione Nazionale Anaao Assomed

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