Dirigenza Medica n. 1/2008
I rinnovi contrattuali, sempre troppo a lungo attesi in un Paese perennemente in ritardo, producono ad ogni tornata un vasto ed eterogeneo elenco di aspettative tra i lavoratori interessati (entro certi limiti è fisiologico che l'attesa alimenti il desiderio, al di là di questi determina diversi sentimenti).
Speranze e richieste naturalmente tutte legittime e motivate, ma a volte non pertinenti, perché riferite a temi che trovano orientamento e soluzione in fonti legislative nazionali e regionali, a volte eccedenti il quadro economico e normativo all'interno del quale si sviluppa il confronto tra le parti, a volte troppo specifiche e puntiformi, non percepite come problemi di categoria.
Questo è il primo problema da risolvere alla vigilia di una trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro: fare una sintesi ed un elenco di priorità, essere in sintonia con i bisogni della categoria che si rappresenta senza scrivere l'elenco del telefono, essere ambiziosi e ragionevoli, rigorosi e realisti.
Le priorità si esprimono con parole che diventano bandiere, e quindi quali sono le parole d'ordine del prossimo contratto? dietro quali insegne ci incamminiamo?
Penso ne bastino tre: sicurezza, merito e salario.
Più sicurezza vuol dire:
- lotta al precariato anche negli ospedali, che da tempo giunto a livelli inaccettabili interrompe la catena di trasmissione delle competenze, riducendo la qualità dei servizi oltre a mortificare e spegnere le più giovani energie professionali;
- puntuale rispetto di norme contrattuali e legislative, per superare una deregulation che non serve a garantire più efficienza, ma piuttosto crea condizioni diffuse di illegittimità che non raramente sfociano nell'illegalità;
- sostenere una politica degli organici che, al netto della necessaria riorganizzazione della rete ospedaliera, e dopo anni di blocco sancito da leggi di bilancio fatte con puri fini di razionamento, garantisca condizioni organizzative sicure per medici e pazienti;
- il puntuale rispetto delle norme nazionali ed europee che definiscono i criteri per una organizzazione del lavoro che salvaguardi la salute degli operatori e garantisca ai cittadini di essere assistiti da personale in condizioni psicofisiche adeguate ai difficili compiti che svolgono;
- la diffusione in tutte le aziende sanitarie di sistemi di prevenzione e salvaguardia del rischio clinico, dalle unità di risk management ad adeguate coperture assicurative, da procedure affidabili di gestione del contenzioso alla definizione di procedure validate dalle istituzioni (aziende o regioni) per l'informazione dei pazienti e l'acquisizione del consenso ai trattamenti sanitari;
- riconoscere e valorizzare, dopo nove anni di fermo, l'impegno di chi liberamente sceglie di dedicare tempo e competenza professionale in modo esclusivo all'ospedale pubblico.
Riconoscere e premiare il merito significa:
Infine il salario.
Il tema dell'adeguamento salariale, dopo quindici anni di stretta politica dei redditi contemporanea a 3 lustri di inflazione reale molto distante da quella certificata, attraversa tutte le categorie di lavoratori, in particolar modo quelli dipendenti che non hanno usufruito dei vantaggi (più autonomia e più furbizia, se non meno onestà) di cui godono i lavoratori autonomi.
I medici, seppur in condizioni meno drammatiche, vivono allo stesso modo questo problema, acuito dall'eccezionale sacrificio a cui sono stati chiamati in questi anni dalla leva fiscale.
Un salario adeguato a compiti e responsabilità, a impegno e competenza, a investimento umano e professionale, è un obiettivo ineludibile il cui raggiungimento non solo riconosce un diritto ma anche rafforza motivazioni e senso di appartenenza, opponendosi ad una spirale di frustrazione e marginalità che corrompe le fondamenta del servizio sanitario pubblico.
Per il momento solo tre parole, ma almeno che siano chiare.
Carlo Lusenti